Finisce così il lungo periodo della Civitavecchia pontificia, iniziato il 728, dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e, tra controlli da parte dei feudatari romani, saccheggi saraceni e occupazione napoleonica, conclusosi per l’appunto solo nel 1870.Come parte dello Stato Pontificio, Civitavecchia ha conosciuto la costruzione di grandi opere pubbliche quali, ricordiamolo, il ripristino dell’antico acquedotto di Traiano, lungo 35 km, il tratto di ferrovia Roma – Civitavecchia, le mura di Sangallo, le quattro torri di avvistamento lungo la costa (Chiaruccia, Marangone, Valdaliga e Bertalda), così come anche l’imponente arsenale del Bernini. Quest’ultimo offriva un supporto indispensabile per la flotta pontificia impegnata all’epoca nella lotta contro la pirateria e la politica espansionistica dell’Impero Ottomano. Durante il periodo papale, grazie a Papa Sisto V, venne istituita la flotta pontificia permanente di stanza a Civitavecchia nell’anno 1588, mentre la città fu dotata di acqua dalla sorgente di San Liborio. Sempre durante il periodo pontificio, su iniziativa di papa Giulio II fu avviata la costruzione del Forte Michelangelo, progettato dal Bramante e ai cui lavori ebbe a contribuire anche il grande Michelangelo. Nel XVII secolo, con papa Innocenzo XII, Civitavecchia divenne sede di governatore e capoluogo di provincia.
Detto ciò, questo anniversario viene spesso ed erroneamente ricordato come una liberazione da una presupposta ”oscurantista occupazione clericale”, rivestendo artificiosamente gli eventi del periodo risorgimentale di un carattere nazionale in maniera tale da occultare la tendenzialità sovvertitrice volta a imporre, per opera di pochi, l’ordine ideologico derivante dalla rivoluzione francese. Con questo non si vuole tuttavia misconoscere gli uomini ai quali, in buona fede e con il loro sacrificio, l’Italia deve la sua unificazione e indipendenza ma attirare l’attenzione verso le idee principali in funzione delle quali fu realizzato tutto ciò.
Ritornando a Nino Bixio, pur partecipando egli alla Presa di Roma, per prevenire azioni derivanti dal suo dichiarato anticlericalismo, fu incaricato con la sua divisione ad espugnare Civitavecchia che capitolò con pochi scontri, dopo il seguente ultimatum:
«Ho dodicimila uomini di terra, dieci corazzate, cento cannoni sul mare. Per la resa non accordo un minuto di più di ventiquattro ore altrimenti domani mattina si chiederà dove fu Civitavecchia. »
(Nino Bixio, ultimatum alla fortezza di Civitavecchia, 15 settembre 1870).