Sei anni fa, all’alba del 24 Agosto, il CS Aurhelio insieme ad altre associazioni ed in collaborazione con il nucleo sommozzatori della protezione civile di Santa Marinella, iniziava immediatamente a mobilitarsi per soccorrere le popolazioni colpite. In questi anni, il coordinamento – con altre associazioni e con le popolazioni del territorio di Accumoli, è divenuto più saldo e strutturato, non solo, sotto l’egida del Progetto Territorio & Comunità si sono saldati legami profondi con le donne e gli uomini di quelle terre. Queste parole lo testimoniano.

24 Agosto 2016 – 2022

Sesto anniversario del terremoto del Centro Italia

Se la terra ha tremato, lo spirito è rimasto saldo del 2016,


Chi ha vissuto quella tragica notte, sa che ogni singolo atto che ha preceduto quel sonno si è interrotto alle 3,36.

Chi ha vissuto quella notte sa che all’alba del 24 agosto di sei anni fa si stavano raccogliendo morti e liberando i feriti dalle macerie di un paese distrutto dalla scossa che insieme a Illica ha letteralmente cancellato dalla cartina geografica il Centro Italia.

Da allora non è cambiato niente. I villaggi delle casette continuano a ospitare residenti in attesa di rientrare nelle nuove case di paesi e frazioni tutte da ricostruire, anzi ancora da disegnare, progettare, ideare.

Anche i proprietari delle seconde case aspettano di rientrare nelle loro e ogni estate, da quell’agosto del 2016, diventa sempre più pesante.

Sembra di vivere in esilio, un esilio estivo, che guasta proprio quel tempo sacro una volta dedicato alle origini, al recupero delle energie vitali che solo certo luoghi sono in grado di donare.

Le estati a Illica erano veramente il rito di passaggio, quello che da bambino permetteva di sfidare il buio e assaporare la libertà, quello dell’adolescenza – anni nei quali ogni casetta diroccata era il posto giusto per scambiarsi i primi baci.

Era il luogo che, una volta messa su famiglia, consentiva di rivedere nei figli trent’anni dopo – l’arrampicarsi sugli alberi, guadare il ruscello, raccogliere le more facendo bene attenzione ai rovi, cadere dalla bicicletta per una sgommata fatta male.


Sono sei anni che tutto questo ‘vivere e rivivere’ non c’è più. Materialmente spazzato via dal terremoto ma, antropologicamente, cancellato dai Governi che si sono succeduti dal 2016 a oggi insieme ai loro commissari. Che triste definizione quella di commissario: funzionario incaricato allo svolgimento di compiti per conto del governo; passa le sue giornate da sei anni a questa parte a dimostrare quante tonnellate di macerie sono state portate via, quanti piani sono stati approvati, quante case ricostruite, quanti miliardi sono stati spesi e quanti ancora da dovranno essere spesi.

Non ha neppure più un nome il commissario, che si chiami Legnini, Farabollini, De Micheli o Errani, non ha importanza. Quella che conta è la macchina burocratica che, forte di millemila delibere e atti promulgati, potrà dire forte e chiaro che la macchina della ricostruzione avanza e che finalmente entro il 2030 si tornerà a casa.

In pratica, i nostri genitori non faranno in tempo a tornare, noi – la generazione sospesa – rientrerà forse col bastone, i nostri figli – che nel frattempo saranno genitori, già da un decennio avranno scelto altri posti, perché mai dovrebbero tornare nel luogo che tanto dolore ha causato alle loro famiglie?


Che sarà ricostruita o meno, Illica vive e vivrà sempre nei nostri cuori. Per ora teniamoci stretti quelli, teniamoli stretti tutti insieme, quelli di illica e quelli di tutti gli abitanti del cratere del terremoto. Soprattutto, teniamoli insieme a quei cuori che sono fioriti da fuori – e di cui non sapevamo l’esistenza – perché sono diventati essi stessi, cuori di Illica.


Non li conoscevamo e lo sono diventati prima che il nuovo commissario proverà a convincerci che quel paese, nel quale abbiamo vissuto le estati più belle della nostra vita, in realtà non è mai esistito. Si sbaglia, quello è vero e sicuro, è il luogo dove tutto è più bello.

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