Una lettura rivoluzionaria in nome della Tradizione
Otto marzo, una giornata la cui utilità dovrebbe essere proprio quella di stimolare riflessioni intorno al delicato ruolo che la donna è chiamata a ricoprire nella società moderna, in quanto madre, moglie e al contempo lavoratrice.
Un’emancipazione, quella femminile, che dovrebbe essere vista in chiave di una riappropriazione, da parte della donna, della propria natura nel contesto dell’emancipazione dell’essere umano e non alimentando conflitti artificiali tra i sessi. Tale ricorrenza, invece, sta diventando ogni anno che passa, un’occasione di becera propaganda femminista e sessantottina con cui infarcire le menti acritiche delle giovani generazioni e lacerare la lingua italiana con asterischi ideologici.
Come si potrebbe spiegare altrimenti la manifestazione di dieci liceali che, illegittimamente a nome di tutti gli studenti civitavecchiesi, sono scesi in strada sabato per gridare, con aria pseudo-rivoluzionaria, una rabbia lobotomizzata contro „i retaggi di stampo patriarcale che continuano ad opprimere la società”? L’evento di per sé farebbe sorridere se non si tenesse conto del contesto socio-economico in cui tutti ci troviamo a vivere, con decine di migliaia di attività commerciali chiuse definitivamente in tutto il Paese, con il numero di persone sotto la soglia della povertà in aumento vertiginoso mentre diritti costituzionali sono stati insindacabilmente sospesi ormai da un anno.
In altre parole, mentre il dissenso verticale contro chi ci governa viene annullato, le energie dei giovani vengono canalizzate in pseudo-rivendicazioni orizzontali contro la figura del padre, in quanto rappresentante dell’istituzione familiare, di una gerarchia e della morale. Di contro, il femminismo vorrebbe imporre un’ordine caratterizzato da collettivismo, egualitarismo e dalla promiscuità sessuale. In breve, il „progresso sociale” che viene rivendicato, in occasione dell’’8 marzo, presuppone “l’allontanamento del padre, lo smantellamento delle qualità della madre e la prostituzione della figlia”.
“La giornata internazionale della donna” fa parte di questa propaganda marxista, che mira alla donna, non in quanto persona fisica, ma alla “donna” in quanto bandiera politico-ideologica senza anima, demolitrice dell’ “ordine patriarcale”. La vera donna è amata ogni giorno, mentre le “bandiere” solo una volta all’anno.
Sostenere una visione di “donna emancipata” perché del tutto uguale all’uomo, senza tenere conto della sua natura femminile, significa mortificare la donna, annullare la donna. Al contrario, riteniamo invece che ogni donna ha un suo valore specifico: non ha bisogno di assomigliare ad un uomo. Uomo e donna, sono complementari, ma diversi in tutto, dai genitali agli ormoni, e persino nel cervello. Vogliamo combattere le ingiuste e ignominiose discriminazioni verso le donne, vogliamo riconoscere la loro libertà di realizzarsi, secondo la loro autodeterminazione, sia nel lavoro, che come mogli e madri
Centro Studi Aurhelio Civitavecchia