Quando si parla di psicoterapia o del concetto di cura si associa spesso l’idea di qualcosa che non va, di qualche sorta di danno su cui bisogna intervenire per riparare o aggiustare. Ma non è sempre così. A volte, a seconda delle persone e dei contesti, si può parlare non di correggere o modificare qualcosa che non va, ma di potenziare e sviluppare qualcosa che già si possiede ma che, per qualche ragione, non si è così consapevoli di avere. I concetti di risorsa personale e di potenziale umano diventano cardini di un sistema teorico chiamato “Psicologia Positiva”. Oggi c’è sempre più un crescente interesse, da parte dei professionisti della salute, al concetto di resilienza ovvero la capacità di affrontare, superare e addirittura uscire rinforzati dalle esperienze negative della vita. Più in dettaglio la resilienza è un termine che viene applicato in diversi campi come Psicologia, Informatica, Biologia, Ingegneria e, in generale, indica un qualcosa che riesce ad adattarsi ai cambiamenti. Deriva dal verbo latino resilio, che significa rimbalzare, saltare indietro. Indica quindi, in generale, l’essere resistenti e forti alla rottura, dunque la capacità di affrontare le avversità e superare i problemi. È la capacità di far fronte in maniera positiva agli avvenimenti traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita davanti alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre senza perdere di vista la propria umanità. Sono persone resilienti quelle che, immerse in circostanze avverse, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e persino a raggiungere mete importanti. Con queste prospettive la Psicologia Positiva (Seligman & Csikszentmihalyi, 2000) diviene un movimento psicologico che sposta il focus dal riparare ciò che non funziona al coltivare le qualità positive, al considerare non solo la patologia ma anche i punti di forza e i fattori positivi, al non porsi solo l’obiettivo di sistemare i danni, ma anche di sviluppare ciò che funziona ponendo l’accento sulla ricerca dei fattori protettivi, ovvero quelle caratteristiche che possono essere trasformate in fonte di superamento delle situazioni difficili. Questi fattori sono: 1) Una buona autostima: cioè una buona opinione di sé e del proprio valore riconoscendo pregi, qualità, capacità e accettando i propri limiti. 2) l’ottimismo: ovvero l’atteggiamento mentale che tende a cogliere gli aspetti positivi reali delle situazioni e di ciò che dovrà succedere. 3) La rete sociale: l’essere inseriti in una rete di relazioni caratterizzate dal dare e ricevere supporto emozionale e pratico. La persona resiliente crede di poter apprendere e crescere sia da esperienze positive che da quelle negative vivendo il cambiamento non come ostacolo ma come opportunità di crescita. Sente di avere un controllo dell’ambiente e degli eventi e, se definisce un obiettivo significativo, si impegna con fiducia e ottimismo per raggiungerlo sapendo che, comunque andrà, ne trarrà un vantaggio quanto meno nella crescita personale. La resilienza è una possibilità che potenzia il benessere delle persone e che può essere raggiunta da tutti. Un percorso psicologico, ad esempio, può aiutare nella ricerca e nella promozione delle proprie risorse, del proprio potenziale umano e delle proprie competenze sociali e relazionali. A volte non dobbiamo soltanto mettere a posto il disordine o aggiustare ciò che si è rotto, ma anche reinventarci, cambiare direzione e meta, rivedere i nostri obiettivi e le nostre priorità, creare cose nuove lasciando andare ciò che non serve o non funziona più facendo di tutta la nostra esistenza e di tutte le nostre esperienze sia positive che negative il nostro bagaglio culturale, intellettivo e spirituale.

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