La notizia che l’iter per la realizzazione della nuova centrale a Torrevaldaliga Nord è in una fase assai avanzata, si fa sempre più insistente e credibile.
Una notizia allarmante che deve necessariamente suscitare attente riflessioni sul futuro di questi territori.
Intanto c’è una questione di metodo. Le popolazioni di Civitavecchia e del comprensorio devono essere partecipi delle scelte, hanno il diritto di essere informate e di poter esprimere la loro opinione.
Nulla di tutto questo sta avvenendo.
Vogliamo pensare che la stessa amministrazione comunale di Civitavecchia non sappia ciò che si sta preparando. Sarebbe ancora più grave il contrario.
La seconda questione è di merito. Il territorio di Civitavecchia non può ancora una volta accettare supinamente una nuova servitù. Già troppi prezzi sono stati pagati sia in termini ambientali che di tutela della salute.
La città dopo 70 anni di produzione energetica, chiede un diverso modello di sviluppo, incentrato sulle sue caratteristiche territoriali e sulle sue risorse endogene: porto, turismo, termalismo, servizi avanzati.
In questo modello non può esserci ulteriore spazio per la produzione energetica, che deve andare verso un progressivo decremento, per lasciare il posto ad iniziative, anche dell’Enel, prive di impatto ambientale.
Ciò che si sta preparando è di segno assolutamente opposto alle aspirazioni della popolazione.
E’ giunto il momento di avviare un processo di valorizzazione e riqualificazione del territorio, di sviluppo delle sue potenzialità.
Il fallimento del sistema economico incentrato sulle centrali termoelettriche è ormai evidente. In questi anni di monocultura energetica la città dal punto di vista imprenditoriale, occupazionale e delle condizioni di vita è peggiorata.
Un territorio fortunato per la sua posizione geografica, per la presenza di un porto di interesse nazionale, per il suo patrimonio paesaggistico e storico e che può aspirare legittimamente a diventare un riferimento importante nel centro Italia, versa in condizioni gravi e di estremo degrado.
Riteniamo che la città debba esprimere il massimo di unità per opporsi alle scelte che stanno maturando e per chiedere una significativa svolta ad una politica economica che l’ha fortemente penalizzata ed auspichiamo che l’amministrazione comunale, il consiglio comunale, gli enti e le istituzioni presenti sul territorio, i partiti, i sindacati, le associazioni e i movimenti ambientalisti, facciano sentire la loro voce, con coerenza e fermezza.

Fabrizio Barbaranelli
Gino Saladini
Giovanni Ghirga
Giovannina Corvaia

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