CIVITAVECCHIA – “La proposta della nuova Provincia Porta d’Italia pare perdere quota sempre di più. Molti i limiti che sono stati sottolineati più volte e che erano chiari fin dall’inizio.
Innanzitutto l’iniziativa non si inscrive all’interno di un quadro normativo vigente.
Nella sedicente provincia “Porta di Roma” sarebbero previsti Fiumicino, Ladispoli, Cerveteri, Tolfa, Allumiere, Santa Marinella, Civitavecchia, Tarquinia e Monte Romano.
Questo indipendentemente dal fatto che questi comuni siano o meno favorevoli all’inserimento nella nuova provincia.
Per avere più democrazia quindi, non solo non si coinvolge la cittadinanza con gli strumenti della democrazia, con dibattiti e forme di consultazione, ma anche si obbligano i comuni formalmente indispensabili al progetto ad essere inseriti ope legis.
La mancanza di coinvolgimento della popolazione impedisce la costruzione di un percorso condiviso che, in casi del genere, deve essere necessariamente graduale, tale da far maturare nei cittadini un senso di appartenenza comune.
I Comuni dell’area metropolitana in quanto parte della città metropolitana di Roma Capitale, godono attualmente di cospicui finanziamenti; in due anni circa 67 milioni, cifra a cui una piccola provincia di 250.000 abitanti non potrebbe mai aspirare. Queste incongruenze e tanto altro è stato illustrato nell’incontro pubblico di venerdì scorso tra il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri e il candidato Sindaco del centrosinistra Marco Piendibene.
Gualtieri, per la prima volta a Civitavecchia in veste istituzionale, ha rimarcato come in questi ultimi anni il dialogo tra Civitavecchia e la Capitale non è stato avviato nemmeno in previsione del prossimo Giubileo e che invece, anche oltre l’orizzonte dell’Anno Santo 2025, Roma è indispensabile per Civitavecchia quanto Civitavecchia lo è per Roma.
Inoltre, nell’astruso e spericolato progetto di distacco della miniprovincia, preoccupano le voci di entrata che sembrano costituite essenzialmente da tasse, multe, prelievi sui depositi bancari, accensione di mutui, prestiti ed alienazioni per un totale di 73 milioni di euro circa.
Infine la proposta promette 5000 posti di lavoro in più, tra “dipendenti diretti ed indiretti e provenienti dall’indotto, dai nuovi presìdi, distaccamenti e plessi e infrastrutture sanitarie, scolastiche ed accademiche…”. Non sappiamo come siano saltati fuori questi numeri se pensiamo che attualmente nella Città metropolitana di Roma Capitale ci sono 1200 dipendenti su più di 120 Comuni! Come si potrebbero ricavare 5000 posti di lavoro in una provincia come quella della piccola Porta d’Italia?
Tutti i nodi vengono al pettine, quindi, così come la notizia che buona parte dei Comuni già dati per favorevoli, si sarebbero invece sfilati lasciando i promotori con un pugno di mosche e una suggestione che non durerà nemmeno fino alla fine della campagna elettorale”.