20 ARRESTI E OBBLIGO DI DIMORA CON CONTESTUALE INTERDIZIONE DALL’ESERCIZIO DI ATTIVITÀ PROFESSIONALI O IMPRENDITORIALI A CARICO DI ULTERIORI 5 INDAGATI. OPERAZIONE TUTTORA IN CORSO TRA LONDRA, ROMA, MILANO, BARI, VICENZA, PORDENONE, VITERBO E CAMPOBASSO.
I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso il Tribunale di Roma su richiesta della locale DDA, nei confronti di 25 persone – 12 destinatari di custodia cautelare in carcere, 8 della misura degli arresti domiciliari e 5 della misura dell’obbligo di dimora nonché divieto di esercitare attività di impresa per 1 anno – ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di riciclaggio aggravato dalla transnazionalità, autoriciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita, emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti.
La maxi-operazione scaturisce da un’indagine dei Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, convenzionalmente denominata “JOLLY”, che ha consentito di acquisire gravi indizi di colpevolezza in ordine all’esistenza di due gruppi criminali dediti permanentemente al riciclaggio, anche transnazionale, facenti capo rispettivamente: il primo a T. S., imprenditore romano, classe 1964, operante nel settore del commercio d’auto, con precedenti, già in passato arrestato per operazioni di riciclaggio effettuate a favore del noto Enrico Nicoletti, e a S.F., imprenditore romano, 31enne, incensurato, operante nel mondo del lavoro interinale e nel settore immobiliare; il secondo era retto da D.V.A. 33enne di Guidonia Montecelio (RM) con precedenti per reati in materia di sostanze stupefacenti.
In particolare, i primi due hanno costituito un sodalizio dedito al riciclaggio e finalizzato ad immettere nel circuito economico legale capitale illecito per circa 15 milioni di euro, derivante dall’illecita raccolta del risparmio effettuata, in provincia di Milano, da cittadini cinesi. Tale denaro contante veniva sostituito, mediante l’utilizzo di numerose persone giuridiche operanti prevalentemente nel settore terziario, facenti capo ai complici, finiti in manette, dei due imprenditori. Questi ultimi effettuavano bonifici bancari in relazione a fatture per operazioni inesistenti emesse da società riconducibili ai vertici del gruppo criminale che a loro volta trasferivano il denaro sui conti correnti di una società inglese, con sede a Londra, controllata da prestanomi dei cittadini cinesi che rientravano così, all’estero, in possesso del denaro “ripulito”; l’imprenditore di Guidonia Montecelio ha costituito, invece, un sodalizio dedito al riciclaggio finalizzato ad immettere nel circuito economico legale, capitale illecito per circa 3 milioni di euro, proveniente dalle sue attività delittuose connesse al traffico di sostanze stupefacenti sul territorio capitolino. Tale denaro contante veniva sostituito mediante l’utilizzo di numerose società operanti prevalentemente nel settore caseario e della distribuzione alimentare, che effettuavano bonifici bancari in relazione a fatture per operazioni inesistenti emesse da società riconducibili all’imprenditore stesso da cui il denaro proveniva.
L’attuale indagine è uno stralcio di un’altra attività investigativa, condotta sempre dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma, riguardante le ipotesi di reato di riciclaggio e fittizia intestazione di beni, aggravati dall’utilizzo del metodo mafioso, a carico di un commercialista, originario di Napoli ma da anni residente a Roma, permanentemente a disposizione di esponenti di organizzazioni criminali di tipo camorristico operanti su scala nazionale, favorendone le attività di riciclaggio e reimpiego dei capitali illeciti, arrestato il 16 novembre 2015 per diversi episodi di trasferimento fraudolento di beni e valori, aggravati dall’utilizzo del metodo mafioso.
Il nome dell’indagine “JOLLY” deriva dal fatto che gli indagati avevano costituito queste due centrali di riciclaggio che erano a disposizione di chiunque volesse “ripulire” denaro di illecita provenienza. Le società che si sono prestate ad effettuare, dopo aver ricevuto il denaro contante da riciclare, i bonifici bancari a fronte di fatture per operazioni inesistenti, traevano il vantaggio di portare in contabilità spese e uscite in realtà inesistenti, abbattendo quindi gli utili su cui pagare le tasse. I vertici dei due gruppi criminali trattenevano invece il 4% del denaro riciclato.
I reati di natura fiscale e le operazioni di riciclaggio avvenute tramite l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e le manovre di riciclaggio realizzatesi mediante l’immissione di liquidità nei bilanci delle società sono stati accertati dai Carabinieri di via In Selci grazie alla proficua e sinergica collaborazione con il personale dell’Agenzia delle Entrate-Ufficio Antifrode Lazio.