La Compagnia Il Barsolo propone la trasposizione teatrale del capolavoro cinematografico di Mel Brooks: Frankenstein Junior, il cult movie del ’74, facendo rivivere al pubblico la comicità di una delle parodie più acute e impeccabili che siano mai state realizzate. Nelle fumose ambientazioni in bianco e nero fedeli alla pellicola, si susseguiranno le scene più famose, le frasi celebri, le invenzioni nonsense conosciute ormai da tutti, che hanno reso immortale questo lavoro.
Siamo nella New York degli anni ’30 dove vive lo scienziato e professore universitario Frederick Frankenstein, nipote del famoso Barone Victor Von Frankenstein, che per distinguersi dal nonno, del quale rigetta le teorie mediche considerandole assurde, ha modificato il suo nome in Frankenstin. Al termine di una lezione di neurologia, Frederick riceve la visita di un notaio, Herr Rosenthal, il quale gli comunica che il barone gli ha lasciato un castello in Transilvania. Frederick va in Romania, dove incontra l’imprevedibile aiutante gobbo Igor che vuole essere chiamato “Aigor” (facendo il verso a Frankenstin), la procace assistente Inga e la sinistra e misteriosa Frau Blücher, nominando la quale si odono ogni volta nitrire i cavalli per lo spavento. Quest’ultima, un tempo amante e assistente del Barone, tramite un sotterfugio, fa ritrovare a Frederick gli appunti del nonno, il quale leggendoli si ricrede e decide di proseguire gli esperimenti del nonno sulla rianimazione dei tessuti umani morti, cercando di ridare vita a una creatura. Frederick si reca al cimitero per dissotterrare un grande cadavere aiutato da Igor (qui la famosa battuta “potrebbe andare peggio!”), l’aiutante si occuperà anche di trovare un cervello per la creatura, combinando un bel pasticcio. Finalmente l’esperimento di rianimazione avrà successo, ma appena la creatura si sveglia dà in escandescenze e sarà necessario somministrargli del sedativo. Il Dottore scopre che ha messo nel cervello abnorme nel “bestione” e mentre sfoga la sua ira su Igor, bussa al portone del castello l’Ispettore Kemph che fingendo di voler dare il benvenuto a Frederick intende invece investigare sui motivi del soggiorno di Frederick. Nel frattempo Frau Blücher libera incautamente il Mostro, che scatena il panico e fugge dal castello. Durante la fuga il Mostro incontra Abelarda, un’eremita cieca che credendo d’avere a che fare con un muto, tenta maldestramente di offrirgli la cena. Suonando la musica dei Frankenstein, Frederick riesce a recuperare il Mostro e lo convince d’essere una creatura buona. Per darne dimostrazione a tutti, organizza un’esibizione teatrale in cui entrambe si esibiranno in un esilarante spettacolo di tip tap davanti a un pubblico di scienziati scettici. Lo spettacolo inizia perfettamente ma la creatura viene spaventata dall’accensione di un sigaro e fugge di nuovo venendo catturato poco dopo dalla polizia e incatenato in carcere. Dopo essere stato tormentato da un secondino che lo terrorizza col fuoco, il Mostro s’infuria e fugge nuovamente; quindi rapisce la viziata ed egocentrica fidanzata di Frederick, Elizabeth, che era arrivata in Transilvania per un’inaspettata visita al fidanzato. Elizabeth s’innamora della creatura, o meglio delle sue prodezze dimensionali. Frederick, nel disperato tentativo di riavere la creatura e correggere i suoi errori, suona ancora una volta la magica musica dei Frankenstein, che ammalia il Mostro e lo fa tornare al castello. Proprio nel momento in cui Kemph e la sua squadraccia irrompono nel laboratorio, il dottor Frankenstein tenta uno scambio di cervelli fra se stesso e il Mostro, per trasferire a questi parte delle sua intelligenza e renderlo così un essere più normale. Il tentativo riesce eliminando la minaccia della creatura per gli abitanti della zona e si ha un doppio lieto fine, uno per la creatura che, divenuto erudito e dai gusti sofisticati, sposa Elizabeth, l’altro per Frederick che sposa Inga, la quale scopre con gioia ciò che il suo nuovo marito ha guadagnato durante la procedura di trasferimento: le prodezze dimensionali della creatura.
Questo lavoro è una gustosa satira del genere horror e delle svenevoli atmosfere degli anni Trenta, attuale nel modo in cui ironizza sui lati deboli dell’uomo e della società d’oggi, come i pregiudizi nei confronti del “diverso”.