intervento preside ladispoli

GLI STUDENTI DELL’ISTITUTO ALBERGHIERO DI LADISPOLI APPRENDONO INCONTRANO PAOLO PARISSE, FORMATORE DEL CONSORZIO TUTELA GRANA PADANO.

Torna all’Istituto Alberghiero di Ladispoli, l’appuntamento con Grana Padano. Giovedì 8 Marzo, presso la Scuola professionale di via Federici, si è tenuto il consueto seminario dedicato ai PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali), protetti da marchi di qualità DOP. Ospite d’onore anche stavolta Paolo Parisse, formatore del Consorzio Tutela Grana Padano.
Ad organizzare l’evento la Prof.ssa Francesca Romana Paoles, Docente di Francese dell’Istituto Alberghiero di Ladispoli e il Prof. Alessio Calvanese, Docente di Enogastronomia.
“L’incontro di oggi rientra in una tradizione ormai consolidata nel nostro Istituto – ha affermato la Prof.ssa Vincenza La Rosa, Dirigente Scolastica dell’Istituto Superiore “Giuseppe Di Vittorio” – e si inserisce perfettamente nella filosofia formativa del Consorzio di Tutela, che è giunto ormai alla XIII Edizione del suo Progetto nazionale “A scuola di cucina con Grana Padano”. E’ indispensabile che gli allievi di un Alberghiero conoscano le tradizioni, la storia e le caratteristiche delle ‘materie prime’ che utilizzano nella ristorazione tanto più se si tratta, come nel caso di oggi, del formaggio DOP più consumato al mondo. E’ nostro obiettivo far comprendere agli studenti come e quanto un prodotto enogastronomico rappresenti la sintesi più alta dell’identità, della cultura e della bellezza del nostro Paese. La giornata di oggi rappresenta un’occasione insostituibile per trasformare le conoscenze teoriche in esperienze dirette. Desidero ringraziare il Dott. Parisse e la Prof.ssa Francesca Romana Paoles, collaboratrice preziosa e coordinatrice di questo Progetto, insieme al Prof. Calvanese”.
“Rivolgo il mio saluto e il mio grazie alla Dirigente Scolastica Vincenza La Rosa e ai suoi docenti  per la loro ospitalità e per la sensibilità che dimostrano da anni in merito al tema dell’educazione al consumo consapevole. – ha esordito il Dott. Parisse – Quando nel 2005 il Consorzio di Tutela diede il via al Progetto “A scuola di cucina con Grana Padano”, solo alcune Istituzioni iniziavano a promuovere programmi formativi a largo raggio in materia di educazione nutrizionale. Ma subito trovammo piena condivisione e unità di intenti con l’Istituto Alberghiero di Ladispoli. Da allora la nostra amicizia non si è mai interrotta. Come futuri cuochi – ha aggiunto rivolgendosi agli allievi – avete un grande compito: conoscere le materie prime per valorizzarle nel modo più efficace. Toccate, assaggiate, fate vostri i prodotti che lavorate: solo così potrete conoscerli.  Il Consorzio Tutela Grana Padano nasce dalla nostra passione per un territorio in cui viviamo da sempre, – ha affermato Paolo Parisse davanti ad una attentissima platea di studenti –  dal desiderio di salvaguardare l’esperienza e la competenza tramandata da generazioni e dalla lucida intenzione di voler valorizzare questo ricco tessuto di sapere e di saper-fare, unico e irripetibile”.
Era il 1504 quando Isabella D’Este, moglie di Francesco II Gonzaga e mecenate del poeta Ludovico Ariosto, regalò a Ferdinando d’Este il celebre formaggio, facendone menzione in due lettere, che ci sono state tramandate. E a Mantova, al Museo Francesco Gonzaga, in una tavola del XVIII secolo raffigurante l’Ultima Cena e attribuita a Giuseppe Orioli, in primo piano compare proprio un grande pezzo di Grana. Ma la sua storia era molto più antica e conservava l’impronta dei pazienti monaci cistercensi dell’abbazia di Chiaravalle. Fondato nel 1135 in un’area originariamente paludosa, pochi chilometri a sud delle mura di Milano, il monastero era stato voluto da San Bernardo, il padre dell’Ordine Cistercense. Bonificati i terreni, i monaci ebbero la possibilità di espandere le attività agricole e l’allevamento di bovini, ma sorse il problema di conservare l’aumentata disponibilità di latte, di molto superiore al fabbisogno della comunità. Nacque così l’idea di cuocerlo a lungo, aggiungervi il caglio e quindi sottoporlo alla salatura. Le caldaie dei monasteri  divennero i primi caseifici della storia. Era nato il Grana Padano, ma il nome di battesimo fu scelto più tardi. Per il momento si cominciò a chiamarlo familiarmente “caseus vetus”, “formaggio vecchio” (a causa della lunga stagionatura), per distinguerlo da quelli freschi, che andavano consumati in fretta. Il nome più diffuso, però, divenne presto proprio “grana”, per i granelli bianchi (cristalli di calcio), che punteggiavano la sua pasta semidura. Il processo produttivo rimase lo stesso per secoli e il “Grana Padano” si trasformò in uno dei pilastri dell’economia agricola padana.
130 produttori distribuiti in Trentino Alto Adige, Piemonte, Lombardia, parte del Veneto e dell’ Emilia Romagna; quasi 5 milioni di forme prodotte ogni anno, delle quali 1 milione e 450mila vendute all’estero; un comparto che interessa 40.000 persone: questi i numeri del più grande Consorzio di Tutela d’Europa.
Paolo Parisse, passando ad aspetti più tecnici, ha quindi ricordato le varie fasi del processo di produzione del “Grana Padano, passando poi ad una ‘degustazione verticale guidata’: tre scaglie di Grana Padano di tre diverse stagionature (12, 24 e 36 mesi). Passando dall’analisi visiva a quella olfattiva e meccanico-gustativa, Paolo Parisse ha guidato gli studenti nella ricerca e nel riconoscimento degli aromi e dei sapori, declinando il lessico affascinante del degustatore.
Al termine della giornata di studio, Paolo Parisse ha distribuito agli allievi il Manuale di Educazione Alimentare scritto da Evelina Flachi, per il Consorzio Tutela Grana Padano, invitandoli a partecipare al Concorso annuale riservato agli Istituti Alberghieri italiani: “Grana Padano Zero Sprechi”. Gli studenti dovranno inventare una ricetta ‘a zero sprechi’ (in termini sia di impatto ambientale che di ingredienti), a imitazione del Grana, prodotto utilizzabile al 100%. Dopo una valutazione preliminare degli elaborati pervenuti, la parola passerà ad una giuria popolare (che voterà sui social) ed ad una tecnica. Una nuova sfida che vedrà impegnati gli allievi di via Federici nella conoscenza e nella valorizzazione delle eccellenze agroalimentari italiane.

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