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Al centro l’uomo. Come obiettivo il recupero. Come strumenti l’accoglienza, il lavoro e, soprattutto, l’amore: la Comunità Incontro fondata da Don Pierino Gelmini prima a Roma, poi ad Amelia, continua ogni giorno ad aprire le sue porte a chiunque desideri ritrovare la propria strada verso la vita. Non a caso la sede centrale della Comunità, “Molino Silla”, è stata ribattezzata “Valle della Speranza”.  E mercoledì 3 maggio, l’Istituto Alberghiero di Ladispoli, nell’ambito delle attività riguardanti la prevenzione e il contrasto delle dipendenze, ha incontrato la Comunità di Amelia. Nell’Aula Magna dell’Istituto Professionale di via Federici, gli studenti hanno potuto ascoltare i racconti, le testimonianze e la storia di tre giovani ospiti del Centro, accompagnati da Marco Araclea, Responsabile della Segreteria e Membro del Consiglio di Amministrazione della Comunità Incontro, Federica Dominici, Psicoterapeuta della Comunità, Massimo Persiani e Debora Milia, operatori volontari del Gruppo “La strada della speranza”.
Ad introdurre i lavori, è stata la Dirigente Scolastica dell’Istituto Superiore “Giuseppe Di Vittorio”, Prof.ssa Vincenza La Rosa: “Albo signanda lapillo dies, dicevano i Latini. Voglio ringraziare i relatori e gli organizzatori di questa giornata: un esempio di “buona scuola”, un’occasione straordinaria per formare cittadini responsabili, consapevoli e testimoni dei valori della legalità. Giornate come questa valgono quanto, anzi assai più di molte ore di didattica in classe. La strada che conduce alla droga è stretta e buia e diventa presto un cunicolo senza via di uscita. Io auguro, invece, che la strada dei nostri allievi e di questi ragazzi sia larga e aperta verso il futuro”.
Coordinatrice dell’iniziativa la Prof.ssa Dina Cerroni, Docente di Francese dell’Istituto Alberghiero di Ladispoli: “Questa giornata rientra nelle attività di promozione della salute, che il nostro Istituto pone in essere da molti anni, per contrastare atteggiamenti devianti e comportamenti a rischio. La Comunità Incontro è da sempre impegnata, nelle Scuole Secondarie di primo e secondo grado, in iniziative di prevenzione e di sensibilizzazione sui rischi e sulle conseguenze della dipendenza patologica, nell’ambito di un progetto denominato “INclasse”. Ho conosciuto direttamente la dedizione e la passione con cui gli operatori e il personale del Centro di Amelia accolgono e aiutano gli ospiti della struttura: per cinque anni, dal 1995 al 1999, sono stata, infatti, docente dell’Istituto Tecnico Commerciale “Giovanni Falcone” l.r., di Santa Marinella, che aveva una sua sezione proprio all’interno della Comunità Incontro, sezione che in occasione degli Esami di Maturità veniva associata all’Istituto Superiore “Giuseppe Di Vittorio”, nel quale ora insegno. L’istruzione e la conoscenza sono strumenti preziosi di riscatto e di salvezza. Ricordo ancora i sacrifici e la forza di volontà con cui gli allievi della Comunità si dedicavano allo studio, spesso anche di notte, pur di essere pronti e preparati. Una lezione di vita per tutti noi”.
Mercoledì 3 maggio all’Istituto Alberghiero di Ladispoli si è parlato di droghe, alcolismo, abuso del web e degli strumenti tecnologici, ludopatia. “Si tratta di un mix devastante e, purtroppo, sempre più diffuso nella società. Non esiste una distinzione fra droghe leggere e pesanti – ha esordito Marco Araclea, rivolgendosi agli studenti – Tutta la droga fa male. Il rapporto con le sostanze psicotrope è di tipo compulsivo ed è molto difficile interromperlo. Diffidate di chi vi induce a credere che fumare una canna sia un gesto innocuo e privo di conseguenze. E’, invece, il primo passo verso l’autodistruzione. La tossicodipendenza è recidivante e non è affatto facile uscirne. In Comunità, si insegna uno stile di vita basato su regole ferree e sull’assunzione di responsabilità. Continuando a seguire l’insegnamento di Don Pierino Gelmini, che dal primo giorno di vita della Comunità ha posto al centro del suo programma di recupero la spiritualità e la sacralità dell’individuo, puntiamo, passo dopo passo, a ricostruire la personalità e l’identità di chi entra. Ma siamo qui oggi perché voi non dobbiate mai varcare quella porta”.
“Le droghe abbinano in modo subdolo e pericolosissimo il piacere dell’assunzione ad un comportamento distruttivo – ha spiegato la psicoterapeuta Federica Dominici – In poche parole, imbrogliano il nostro cervello. La realtà è che le sostanze psicotrope impediscono l’addestramento delle competenze funzionali e la maturazione della personalità, distruggono progressivamente la razionalità, ma anche la sfera emotiva e quella relazionale”.
“L’informazione nelle scuole è essenziale – ha sottolineato Debora Milia – Lo dico come volontaria del Gruppo di Appoggio di Roma e come madre di un giovane ospite della Comunità Incontro. Ma non meno importante è il percorso che anche i genitori e le famiglie devono seguire. Uno degli errori più diffusi è la sottovalutazione dei rischi legati all’assunzione di droghe. Spesso si rivolgono a noi madri inconsapevoli che esordiscono dicendo: ‘mio figlio fuma solo qualche canna’. Non sanno o non vogliono rendersi conto del fatto che quel ragazzo ha già cominciato la sua discesa verso il precipizio della tossicodipendenza”.
“Credo che la giornata di oggi ci aiuti ad interpretare nel modo migliore la parola “scuola” – ha dichiarato Massimo Persiani – perché in un’Istituzione educativa e formativa si deve anche e soprattutto insegnare a vivere. La mia testimonianza  è quella di un uomo che ha deciso di rimanere in Comunità come volontario, per dare agli altri quanto ha ricevuto. Potremmo spiegare con mille parole la regola di vita che si segue all’interno della Comunità Incontro di Don Pierino, ma in realtà tutto può riassumersi in un solo concetto: amore. Questo è l’insegnamento più profondo che ci ha lasciato Don Pierino e che guida ogni momento della nostra vita quotidiana”.
Era il 13 febbraio 1963 quando Don Pierino, il “Don” come veniva chiamato dai ragazzi ospiti della sua struttura, incontrò a Roma Alfredo, un tossicodipendente che aveva bisogno di aiuto. Immediata la decisione di dire sì. Alfredo fu il primo di una serie interminabile di giovani vittime della droga, dell’alcool e di tante altre forme di dipendenza patologica: per loro Don Pierino aprì una casa di accoglienza a Roma, nel 1979. Ma l’esigenza di una struttura più ampia lo spinse presto a rivolgere lo sguardo verso la campagna umbra, dove la dolcezza e la bellezza della natura potevano offrire un altro aiuto e altre energie.

Scegliere di entrare in Comunità è difficile, ma una volta varcata la soglia, la vita, al Molino Silla di Amelia, scorre in modo semplice.
Alle 7 di ogni mattina  ci si sveglia al suono della campana. Dopo la cura delle proprie stanze, gli ospiti fanno colazione. Alle 8 iniziano le attività lavorative, che si interrompono solo per una breve colazione alle 10. Fino alle 12 si prosegue con il lavoro, con i colloqui o le terapie individuali a seconda delle singole esigenze. Alle 12 si pranza, alle 13.00  il telegiornale. Dalle 13.30 alle 15.30, con la merenda, si conclude il riposo pomeridiano. Dalle 16 alle 19 riprendono le attività lavorative, o i colloqui o le terapie individuali. Poi, fino alle 19.30, gli ospiti possono prendersi cura della propria persona, e dalle 19.30 alle 20 ci sono attività di gruppo. Dopo la cena, che inizia alle 20, dalle 21.00 alle 22.30, a seconda del programma settimanale, si tengono riunioni, serate tv o ludico-ricreative. Alle 22.30 la buonanotte.
Il segreto del successo della formula di Don Pierino è il lavoro: ergoterapia è la parola che racchiude, nella maggior parte dei casi, la possibilità del recupero e quindi della salvezza.
Dopo i membri dello staff, la parola è passata ai tre giovani ospiti della Comunità Incontro. Le testimonianze portate agli studenti di Ladispoli hanno emozionato la platea e si aggiungono al coro di grazie che da ogni parte d’Italia e del mondo si alza verso la casa-madre di Molino Silla, arricchendosi di giorno in giorno di nuove voci. Molte di queste sono raccolte nel libro di Giovanni D’Ercole, Lettere dalla droga, che i relatori hanno donato agli allievi dell’Istituto Alberghiero.
“Mi chiamo Gianluca, ho 24 anni,  ho cominciato  a 13 con una canna, ho proseguito con il crack e le metanfetamine. A 16 anni una crisi per overdose, a 22 ero in una clinica psichiatrica. Poi un principio di infarto. Finalmente ho conosciuto il Gruppo di appoggio della Comunità Incontro a Roma e ho ripreso in mano la mia vita. Fate attenzione: se posso darvi un consiglio, vi dico di non cominciare mai con le droghe, perché se cominciate è molto difficile uscirne”.
“Mi chiamo Lorenzo, ho 21 anni. Oggi sono “Responsabile di casa” a Molino Silla e mi occupo degli altri, ma anche io ho conosciuto l’abisso. Ho iniziato a 12 anni con le canne, poi la cocaina. La droga è lo strumento sbagliato per riempire un vuoto di autostima e porta ad un delirio di onnipotenza. Imparate a chiedere aiuto e a mettere a tacere l’orgoglio e la presunzione”.
“Mi chiamo Fabio, ho 19 anni, ho cominciato con la cocaina e mi sono trovato in un precipizio. Uscirne è stata dura, ma ora sono in Comunità e frequento la scuola. La droga ci porta ad interrompere i rapporti più importanti: quelli con la nostra famiglia. Non lasciate che entri nella vostra vita e vi annulli. Abbiate il coraggio di ritrovare voi stessi e il vostro cammino. Una vita nuova è possibile, quando qualcuno arriva a tenderci una mano. La Comunità Incontro è stata la mia ancora di salvezza”.

La Comunità di Molino Silla, in Italia, ha 6 sedi residenziali (nel Lazio, in Lombardia, in Campania, in Puglia, in Sicilia e in Sardegna). All’estero è presente in Spagna, Thailandia, Bolivia e Costa Rica. In Italia può fare riferimento anche a diversi Gruppi di appoggio dislocati in tutto il Paese.

Il 90% di quanti hanno portato a termine il programma di recupero della Comunità Incontro vive oggi una vita senza droga.

 

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