LADISPOLI – Un incontro fra gli studenti dell’Istituto Superiore “Giuseppe Di Vittorio” e il Giudice Ignazio De Francisci. già Procuratore generale della Corte d’Appello a Bologna, per riflettere sul tema della legalità: è quello che si è svolto venerdì il 17 maggio nell’Aula Magna di via Y. De Begnac, nell’ambito delle iniziative promosse dalla Referente per le Attività di Educazione Civica Prof.ssa Rosa Torino, grazie alla collaborazione della Prof.ssa Marta Sottile, Docente di Francese e Tutor per l’Orientamento. Erano presenti all’evento anche il Vicepreside dell’Istituto Superiore “Giuseppe Di Vittorio” Sandro Pase, Elisa Strisciullo Coordinatrice dei Corsi AFM E CAT, Anna Capodacqua Vicepreside dell’Istituto Alberghiero di Ladispoli e il Responsabile di Sede Alessio Orlandini.
Nato a Palermo, in Magistratura dal 1977, Ignazio De Francisci, oggi in congedo, è stato collaboratore di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. “Un’esperienza che ha segnato profondamente la mia vita umana e professionale” – ha dichiarato più volte – C’è un prima e un dopo il 1992. Da allora la mia vita non è stata più la stessa. Quando si parla di strage di Capaci torniamo sempre a quel pomeriggio e a tutto quello che ne è seguito”. “Assistere a due stragi – ha raccontato agli studenti – sentire quel boato il 19 luglio, mettere i piedi nel cratere sull’autostrada sono esperienze che segnano; nessuno di noi che eravamo lì in quegli anni ha mai dimenticato. Vi invito – ha affermato rivolgendosi agli allievi – a cercare quei filmati in Rete, perché le immagini sono più potenti di ogni parola. Sono fatti che spaccano il cuore. Quando accadono questi episodi, hai l’impressione che tutto ti cada addosso”.
“Educare alla cittadinanza e alla legalità, come prevede la Legge n.92/2019, è un nostro inderogabile dovere. – ha sottolineato la Prof.ssa Rosa Torino, Docente di Diritto ed Economia – Ma si tratta anche di una sfida sempre più difficile che si pone l’obiettivo di insegnare agli studenti come vivere la modernità con spirito consapevole e responsabile. La scuola deve farsi promotrice di una cultura ispirata ad un solido sistema di valori. Ringraziamo il nostro ospite per la sua presenza perché ci consente oggi di riflettere e dialogare sui temi più urgenti dell’attualità”.
Il Giudice De Francisci ha ripercorso le date più importanti della storia italiana a partire dall’omicidio di Peppino Impastato, il 9 maggio 1978, fino ad arrivare alle stragi di via D’Amelio e Capaci nel 1992, passando per il Maxiprocesso di Palermo del 1986: un’autentica “rivoluzione giudiziaria e culturale, ha affermato. “Volevo fare altro nella vita – ha aggiunto – ma ero amico di Paolo Borsellino. Di fronte all’attacco del terrorismo e della mafia, lo Stato, mettendo in campo tutte le sue forze, è riuscito a contenere questi fenomeni”. Entrato a novembre del 1985 nel pool antimafia, Ignazio De Francisci ha cominciato a lavorare fianco a fianco con i due giudici uccisi nel 1992, “due grandi colleghi, che erano anche grandi uomini”. De Francisci è stato inoltre Procuratore della Repubblica ad Agrigento, dove è giunto nel 1999. Nel 2008 di nuovo a Palermo come Procuratore aggiunto poi, dopo quattro anni, alla Procura generale “come Avvocato generale”. Infine, a marzo 2016, l’arrivo a Bologna. Ignazio De Francisci ha spiegato agli studenti del “Di Vittorio” la struttura degli organi investigativi, le procedure e le prassi sottese al processo penale, invitandoli a leggere il libro di Giovanni Falcone e Marcelle Padovani “Cose di Cosa nostra”. Ma il Giudice si è anche soffermato sulla definizione di “mafia”, a partire da quella suggerita da Rocco Chinnici: “E’ stata sempre reazione, conservazione, difesa – scriveva il “padre” del pool antimafia, ucciso il 29 luglio del 1983 – e quindi accumulazione della ricchezza. Prima era il feudo da difendere, ora sono i grandi appalti pubblici, i mercati più opulenti, i contrabbandi che percorrono il mondo e amministrano migliaia di miliardi. La mafia è dunque tragica, forsennata, crudele vocazione alla ricchezza”. Il Giudice De Francisci, rispondendo alle domande degli allievi, ha quindi descritto i reati di associazione di tipo mafioso (416 bis) e concorso esterno in associazione mafiosa (110). “Perché una persona diventa mafiosa?” – ha chiesto uno studente. “Per tradizione familiare, – ha risposto il Giudice De Francisci – per un errato senso di onnipotenza, per ignoranza”.
A salutare Ignazio De Francisci al termine dell’incontro sono stati gli allievi dell’Istituto Alberghiero che hanno preparato un pranzo di arrivederci, coordinati dal loro Docente di Enogastronomia Prof. Salvatore Esposito.
“La mafia – ha affermato il Giudice De Francisci – è e rimarrà un tema su cui si scontrano sensibilità diverse e violentissime. Ognuno può e deve fare la sua parte, ma è importante ricordare all’opinione pubblica che la razionalità della giustizia ha tempi che non sono sempre in sincronia con i ritmi incalzanti della cronaca”. Non si tratta di semplici tecnicismi, – ha concluso – ma dell’essenza stessa della procedura penale che mira a garantire a tutti i cittadini l’equità e il pieno rispetto dei princìpi alla base della democrazia.