Terrorismo: prigionieri in casa nostra (Rubrica a cura del Dr Remo Fontana, Criminologo)
Dopo la strage di Nizza del luglio 2016, in Germania, in un tranquillo mercatino di Natale, ecco di nuovo un tir, che, improvvisamente, a tutta velocità, piomba sulla folla, mietendo dodici vittime e decine e decine di feriti. Il copione si ripete all’infinito. Seppur con modi diversi, fa seguito anche agli attentati di Parigi del 7 gennaio 2015 contro la sede del giornale satirico Charlie Hebdo e del 13 novembre 2015, compiuti nel secondo caso, mediante una serie di attacchi terroristici di matrice islamica, eseguiti quasi contemporaneamente in più luoghi del cuore della Francia, sferrati da un commando armato collegato all’autoproclamato Stato Islamico, noto con l’acronimo di ISIS. Gli attacchi armati, interessarono il I, X e XI arrondissement di Parigi e allo Stade de France, a Saint-Denis, nella regione dell’Île-de-France. Senza dimenticare poi i precedenti attentati dell’11 marzo 2004 a Madrid, i quali, mediante 10 esplosioni in 4 treni diversi provocarono 191 morti e 2000 feriti.
Tutto ciò fa ben capire come l’Unione Europea, sia debole ed impreparata, in quanto basata sin dal suo concepimento, semplicemente ed unicamente sull’economia, identificandola appunto quale comunità economica, (C.E.C.A., nel 1951, che stà per Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio; CEE, per Comunita Economica Europea, e la CEEA o Euratom, per Comunità Europea dell’Energia Atomica, istituite con il Trattato di Roma del 25 marzo 1957 e che entrarono in vigore il 1° gennaio 1958) e non di fatto, costituita da una vera e propria confederazione di stati, come ad esempio gli Stati Uniti d’America, che pur avendo leggi diverse di stato in stato, mettono sinergicamente al primo posto la difesa dell’Unione dagli attacchi esterni, ritenuta di fatto interesse primario degli stati appartenenti alla Confederazione stessa e, adottando al contempo, anche una seria politica estera, che la presenta unita e non disgregata agli occhi delle altre nazioni, come invece accade sovente nel caso dell’Unione Europea, che litiga per le quote latte, per quelle dei prodotti agro-alimentari e così via.
Torniamo all’argomento in trattazione e quindi al terrorismo ed alle sue stragi. Il nuovo appello dei centri di comando ISIS ai suoi seguaci, sembra sia quello di agire singolarmente, ovunque questi si trovino, usando strumenti di offesa più facilmente reperibili ed inimmaginabili, come è accaduto con l’impiego dei mezzi pesanti negli ultimi due attentati di Francia e Germania, i quali hanno ottenuto gli scopi voluti, sfuggendo ai controlli delle forze di polizia, presentando le seguenti caratteristiche: imprevedibilità e velocità dell’evento delittuoso, destabilizzazione, alto numero di vittime e feriti, utilizzo di un numero minimo di attentatori.
L’Europa, si scopre più che mai vulnerabile ed impreparata a contrastare una una guerra subdola, peraltro oramai non più tanto tale, poiché dichiarata apertamente in più occasioni dal sedicente Stato Islamico, tramite minacce esplicite, ove viene osannata con allucinante spavalderia, la conquista dei centri della cristianità e dei simboli dell’occidente, con conseguente minaccia di morte per i c.d. “miscredenti” e quelle di porre in schiavitù le donne di quest’ultimi. Insomma, praticamente tutti, più o meno: donne, bambini ed uomini del mondo occidentale, dovrebbero essere sgozzati, impiccati, fatti saltare in aria, fucilati, o ben che vada, ridotti in schiavitù.
Lo spirito di accoglienza dell’Europa e dei suoi popoli continua, nonostante le minacce, ma v’è da sottolineare, che in mezzo a tanti uomini, donne e bambini, che fuggono dalle guerre, ve ne sono altrettanti, come oramai ampiamente provato, che sono esclusivamente migranti economici, tra i quali ormai è altrettanto certo, si mescolano individui appartenenti a gruppi fondamentalisti religiosi difficilmente controllabili, poiché, al loro arrivo nel Vecchio Continente, questi risultano matematicamente privi di documenti, fornendo loro stessi le indicazioni sulla loro identità personale agli organi di polizia del paese di arrivo, che di fatto sono costretti a prenderle per buone ed ai quali tutto può essere detto o meglio ancora, nascosto. Insomma, se per caso il nuovo arrivato fosse un terrorista, sicuramente non lo dichiarerà al poliziotto di turno ed una volta entrato nel paese di arrivo, con l’abilità che abbiamo potuto constatare in molti casi, per ultimo in quello dell’attentatore di Berlino, il 24enne tunisino Anis Amri, riuscirà ad eludere i vari sistemi di sicurezza, scomparendo e riapparendo a proprio piacimento, con rinnovate fisionomie ed identità, sino al compimento della prossima strage.
E’ proprio mentre sto scrivendo questo mio intervento, che arrivano le prime notizie di un conflitto a fuoco, tra un sedicente magrebino e due poliziotti. Quest’ultimi, in un normale servizio di controllo del territorio, nei pressi della Stazione di Sesto San Giovanni, eseguito intorno alle tre di notte, si sarebbero imbattuti nell’umo che camminava a piedi lungo la strada. Gli agenti, lo avrebbero fermato per identificarlo e per tutta risposta, lo stesso, avrebbe tirato fuori dal suo zaino un’arma da fuoco, sparando ad un agente e ferendolo ad una spalla. Fortunatamente, la reazione del collega di pattuglia è stata immediata, rispondendo al fuoco ed uccidendo il criminale. Successivi accertamenti incrociati anche tra Francia e Germania, avrebbero confermano che l’uomo che ha sparato contro gli agenti, sarebbe il tunisino Anis Amri e cioè il terrorista di Berlino. Subito dopo, tra le giuste lodi agli agenti, peraltro giovanissimi, gli organi di stato, tramite i media, parlano di intelligenze, in poche parole, giustificando l’ottima riuscita dell’operazione, poiché sarebbero funzionato i sistemi d’intelligenze italiani. Ora, inevitabilmente, mi pongo una domanda: ma se prima era un casuale e normalissimo fermo per identificazione nell’ambito di una altrettanto normale attività di controllo del territorio, poi è diventato frutto di attività molto più complesse? Io rispondo dicendo che i due giovani ragazzi, hanno svolto un servizio lodevole, ma che al contempo nella loro bravura, sono stati molto fortunati, seppur pronti alla reazione che ha neutralizzato il terrorista, poiché non sapevano e non mi sembra, salvo smentita, che qualcuno avesse detto loro o li avesse avvisati, chi era l’uomo che stavano fermando per un “semplice controllo” della sua identità personale. Credo che in tal caso, l’azione avrebbe dovuto essere molto più coordinata e con molti più mezzi e uomini appositamente preparati a contrastare criminali terroristici, abituati e addestrati a ragionare, in maniera totalmente irrazionale ed impensabile per un normale poliziotto. Inoltre, auspico e spero, che l’agente che ha coraggiosamente reagito, uccidendo il terrorista, non venga iscritto nel registro degli indagati, quale “atto dovuto”; in Italia può accadere anche questo, anche se si dirà al contempo, che tutto sarà archiviato.
Mi sono sempre posto anche un’altra domanda: come sia stato possibile, che durante tutto l’Anno Santo, nel nostro Paese, non sia accaduto nulla di particolare e soprattutto a Roma, capitale della cristianità, ove come detto, le minacce erano state molteplici? Con tutto rispetto per i nostri sistemi di sicurezza e le forze di polizia messe in campo, non credo assolutamente che queste, possano essere migliori di quelle di Francia e Germania, anche in relazione alla molteplicità degli eventi che hanno interessato lo stesso Anno Santo e che inevitabilmente, (nonostante come detto tutti i sistemi di prevenzione e sicurezza ed i preallarmi attivati), avrebbero potuto consentire ad un “lupo solitario” votato anche a morte, di trovare una falla nella sicurezza e commettere l’ennesimo attentato, che peraltro, in Italia, in pieno Anno Santo e nella culla della cristianità, avrebbe avuto certamente una notevole eco a livello mondiale. Allora, ci potrebbe essere una o più risposte. La prima potrebbe essere individuata nel fatto che compiere un attentato in Italia, nonostante la presenza di un governo “aperto” all’immigrazione, anche sull’onda della spinta del popolo, che avrebbe potuto costringere le istituzioni a restringere le accoglienze e ad effettuare controlli più mirati ed oculati delle proprie coste, seppur molto difficile da attuare, poiché la loro lunghezza totale, compresa quella delle isole, si aggira intorno ai 7458 chilometri. Fatto questo, certamente non conveniente per le organizzazioni criminali estremistiche e terroristiche, che come noto, utilizzano soprattutto l’Italia, come ponte di collegamento tra l’africa e l’Europa, utilizzando in molti casi, la nostra Nazione, solamente come terra di sbarco e di transito. Ma credo al contempo, che anche il governo italiano, come accennato, non avrebbe avuto certo la possibilità oggettiva ed obiettiva, necessaria al controllo di tutte quelle migliaia di chilometri di costa, salvo che l’intera Unione Europea, avrebbe collaborato con efficienza, mettendo a disposizione un contingente numerico adeguato di mezzi navali, terrestri e naturalmente di risorse umane, all’uopo predestinate.
Ora, dopo l’attentato in Germania, i nostri organi di governo si riuniscono, come pure i Comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica, ed i prefetti coinvolgono i sindaci dei comuni, chiedendo di utilizzare anche le polizie locali per il controllo e la prevenzione del terrorismo.
Quale effettivo, pur andando fiero del lavoro svolto da tali corpi, in proposito all’utilizzo delle polizie locali, non posso non nutrire seri dubbi sul loro impiego per compiti antiterrorismo. Non tutte le polizie locali, anzi forse pochissime, hanno un livello adeguato di preparazione, non tutte sono armate, in quanto tale discrezionalità, secondo legem è demandata alla discrezionalità del consiglio comunale del singolo comune, gli organici sono più che sottodimensionati ed i mezzi in dotazione sono quasi sempre inadeguati. Il trattamento giuridico economico del personale delle polizie locali, non è adeguato assolutamente a quello delle altre forze dell’ordine, oltre che non essere corrisposte le stesse indennità e garanzie riconosciute invece alle altre forze di polizia dello Stato, non venendo riconosciuti alcuni istituti, come ad esempio la malattia derivante da causa di servizio, in due parole: carne da macello!
Al contempo, prefetti e questori, qualora ritengano che determinate manifestazioni, risultino a rischio di possibili attentati, le stesse possono essere dai medesimi, sospese o comunque vietate e/o negate.
Come dire, che il terrorismo ha vinto! L’ISIS ed il fondamentalismo islamico hanno già vinto! Il terrorismo è una guerra atipica, ma comunque un genere di guerra, più infido ed ambiguo di qualsiasi altro conflitto. Il suo scopo principale è quello insito nella parola stessa: creare terrore, destabilizzare una determinata società o un determinato paese, uccidere persone innocenti nei luoghi della loro quotidianità, del loro lavoro o del loro tempo libero, colpendo improvvisamente, inaspettatamente e vilmente, come avvenne anche nel caso degli attentati del 11 settembre 2001, alle Torri Gemelle del World Trade Center di New York, ove probabilmente per la prima volta, gli Stati Uniti d’America, che sino ad allora avevano portato le loro guerre a migliaia di chilometri di distanza, si sentirono improvvisamente vulnerabili a casa loro. Come pure gli scopi raggiunti per mezzo di tutti gli attentati che si sono susseguiti nel corso del tempo, sino ai nostri giorni, quasi in ogni luogo del pianeta.
Purtroppo credo ed al contempo spero di sbagliarmi, che il recentissimo attentato attuato in Germania, non sarà l’ultimo, sia per ordine di tempo che per veemenza, che per numero delle vittime, con lo scopo di lasciare come sempre più sgomente ed impaurite le popolazioni ed i governi, che con manifestazioni più o meno eclatanti e spontanee commisereranno ancora una volta le povere vittime, per iniziare da capo la prossima volta, alla prossima strage.
A questo punto credo sia quanto mai necessaria, prioritaria ed urgente, una seria presa di coscienza di tutti i 28 stati membri cui mi sembra sia composta attualmente l’Unione Europea. Pensando all’Unione, non più solamente come una semplice comunità economica, ma come una vera e propria sovranità di stati, che possano garantire la sicurezza dei loro territori e dei loro consociati, prendendo in considerazione una nuova politica estera e dell’immigrazione, senza più litigi tra stati membri, discutendo seriamente, di quanto di più serio ci possa essere: la garanzia della sicurezza e della vita, dei cittadini di tutta l’Unione Europea.
Non è facile prevedere gli attacchi terroristici, come detto, molto spesso impensabili, sia per i mezzi usati che per i target dai criminali individuati. E’ ormai provato che ogni luogo di aggregazione, può risultare un obiettivo sensibile: un semplice teatro, un cinema, una sala da ballo, un mercato, un supermercato, un terminal portuale o aeroportuale, una scuola, un ufficio, ecc., ma è altrettanto chiaro che la vita deve andare avanti, altrimenti ribadisco, il terrorismo ha già vinto. Come dicevo è necessaria un’azione d’intelligenze probabilmente maggiore a tutti i livelli, con una regia precisa coordinata a livello europeo, se l’Europa vuol davvero dimostrare di essere un qualcosa di sovrannazionale, unita e pronta alla difesa di qualsiasi Stato appartenente all’Unione, subisca una qualunque aggressione. Un controllo più ferreo alle frontiere potrebbe essere già una delle soluzioni, modificando anche il Trattato di Schengen. Senza nulla togliere alla libera circolazione delle persone e delle merci nell’Unione, attendere qualche momento in più per i controlli alle frontiere, potrebbe risultare utile a salvare la vita di molte persone. Lo dimostra il terrorista tunisino Anis Amri, che dopo l’attentato di Berlino, in pochissime ore, con estrema semplicità e tranquillità, dalla Germania ha raggiunto l’Italia, passando per la Francia e dal Belgio.
Come accennavo precedentemente, non è certo facile, anzi probabilmente impossibile, controllare tutti gli obiettivi potenzialmente ritenuti sensibili, anche per carenza di mezzi ed organici, ma oggi, in tal senso, la tecnologia può sicuramente aiutarci. Oltre all’utilizzo di barriere di protezione da apporre in determinate aree ed occasioni, l’impiego di droni da parte degli organi di controllo, di polizia e militari, potrebbe risultare molto utile a prevenire determinati attentati, come ad esempio tipo quelli eseguiti con l’utilizzo degli autocarri. Potrebbero essere individuate già per tempo particolari manovre di “prova” e quindi agire prima che i terroristi alla loro guida, possano compiere stragi irreparabili. Inoltre, viste le carenze di organici delle forze di polizia, la vastità dei territori da controllare, specie nelle grandi città e gli obiettivi sensibili, che possono variare di giorno in giorno ed in ora in ora, l’utilizzo dei droni, potrebbe essere l’ulteriore soluzione per controllare vaste zone delle nostre città, trasmettendo in tempo reale alle centrali operative delle forze dell’ordine le immagini, che oltre ad essere utili a prevenire e scongiurare possibili episodi di terrorismo, potrebbero risultare altrettanto validi a contrastare altri generi di reati, come ad esempio quelli predatori e quelli sulla persona, (vioenze, stupri e quant’altro), consentendo interventi immediati delle forze di polizia. Per concludere, la metto sulla provocazione. Chissà se la strage del Bataclan del 13 novembre 2015 a Parigi, poteva essere almeno in parte evitata, se gli ospiti del teatro fossero stati almeno in parte armati legittimamente? I clienti, invece di essere costretti a trovare rifugio sotto i tavoli dalle raffiche dei kalashnikov, magari avrebbero potuto rispondere ingaggiando un conflitto a fuoco con i terroristi e senza rimanere ostaggi inermi di questi. Si sa che per i cittadini onesti, detenere armi legalmente è sempre e comunque un problema e che la popolazione è divisa tra sostenitori e contrari, come nel caso della difesa della privata dimora, ma non è la stessa cosa per ogni genere di criminale, il quale può approvvigionarsi come e quando vuole, detenere armi ed esplosivi illegalmente ed illegittimamente e per questo risultare potenziali offender di cittadini che non possono avere la facoltà di difendersi e perire così sotto i colpi dei criminali.