Assassini seriali. Andrei Romanovich Chikatilo il serial Killer comunista. (1^ parte)
Con un nuovo viaggio nel passato abbastanza recente, poco meno di cento anni fa e percorrendo circa 3.000 chilometri di distanza, arriviamo al villaggio ucraino di Jablocnoe, ove il 16 ottobre del 1936, nacque, Andrei Romanovic Chikatilo.
Figlio di due poveri contadini, non proprietari terrieri, il padre Roman con la mamma, lavoravano dalla mattina alla sera i terreni in una fattoria collettiva, riuscendo per questo a sopravvivere ed a non morire di fame, come invece accadeva a tanti altri contadini, in un periodo storico dell’impero sovietico, nel quale la vita, era molto difficile ed angusta.
Si attribuisce infatti a Stalin, la responsabilità di aver provocato con il suo piano di collettivizzazione agricola, iniziata negli anni ‘30 del secolo scorso, un periodo di grande povertà e di atroci carestie, proprio in una ricca regione agricola, quale era l’Ucraina.
Solo per capire il periodo storico in cui ci troviamo, i kulaki, cui era parte integrante anche la famiglia di Andrei, erano contadini dell’Impero, i quali erano suddivisi in più categorie. Molto brevemente, parte di essi erano proprietari terrieri, mentre l’altra, che non possedeva alcun fondo, lavorava le terre dei primi, poi c’era anche chi di loro provvedeva ad assumere manodopera per lavorare nei campi, cosa quest’ultima, ampiamente prevista dalle leggi del regime e dell’epoca. Il piano di Stalin, che li ha visti perseguitati atrocemente, li ha costretti ad un esodo biblico, quanto mai epocale, si parla di quindici milioni di persone e forse più, costrette a spingersi nella gelida tundra e nella taiga o foresta boreale, ove i kulaki furono fagocitati dal gelo e dai ghiacci, nel silenzio del loro dolore e quello di tutti, compreso quello della storia, che ha lasciato di questo olocausto, simile e superiore a molti altri, forse anche volutamente, pochissime tracce.
Ora, fornita brevemente l’idea geo-politico-temporale, in cui nacque e visse i primi anni della sua vita, Andrei Romanovic Chikatilo, torniamo alla sua storia ed alle vicende che lo riguardano.
Qualche anno prima della sua nascita, alcuni scritti riportano di un suo fratellino, mentre altri di un suo cuginetto, che sarebbe stato rapito e mai più ritrovato. Le voci che circolavano in proposito, lo davano per ucciso da alcuni vicini e poi da questi, mangiato, vista la carestia e la fame, che all’epoca regnava in Ucraina, sembra che quella del cannibalismo, fosse un’usanza abbastanza diffusa in quei villaggi rurali e contadini.
Questa vicenda, fu poi raccontata dalla mamma ad Andrei in giovanissima età, il quale sembra ne sia rimasto scosso, ma anche altrettanto affascinato, tanto che alcuni scienziati che hanno studiato in seguito il suo caso, in particolare secondo lo psichiatra Aleksandr Buchanovskij, che lo ha esaminato dopo il suo arresto, abbiano connesso la sua condotta di serial killer, in parte anche a questo episodio.
Anche i bombardamenti tedeschi, hanno probabilmente contribuito a segnare profondamente la psiche del giovanissimo Chikatilo, le cui fantasie e sogni, cominciarono a viaggiare, tanto da arrivare ad immaginare di condurre ostaggi tedeschi nei boschi, per poi trucidarli barbaramente.
Vedremo poi, che il modus operandi nel commettere i suoi crimini, sarà proprio quello di portare le sue vittime, in particolare nelle zone boscose, ove queste, dopo essere state uccise, sventrate e seviziate, venivano sommariamente fatte sparire o, i loro resti, gettati nel fiume Don.
All’inizio della seconda guerra mondiale, quasi tutta l’Ucraina, viene occupata dai tedeschi ed è letteralmente in fiamme. Gli episodi di uccisioni ed atrocità di ogni genere, sono all’ordine del giorno: si spara e si uccide in ogni angolo del paese da ambo le parti, nazisti da una e partigiani rossi dall’altra, ed agli occhi del giovane Andrei e della sua mente, probabilmente già distorta, tali azioni divengono atti da imitare, poiché da lui considerate eroiche.
(continua nella prossima edizione)