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Bene, come come sempre e come oramai vi ho abituati, dopo la breve premessa e la storia, giungo alle conclusioni ed alla profilazione criminale di Edmund kemper.
L’ho accennato in apertura. Certamente gli anni vissuti nella prima infanzia da Kemper, hanno avuto un’importanza rilevante nell’evoluzione nell’età adulta dello stesso, che lo hanno portato a compiere i suoi crimini, probabilmente proprio in una sorta di riscatto nei confronti dei suoi genitori. Un padre che ha dimostrato assoluto disinteresse nei suoi confronti, deludendo per questo il giovanissimo Edmund, e la madre, una donna che lo detestava e che non si faceva sfuggire occasione per urlargli contro, denigrarlo, offenderlo e sottovalutarlo. Infliggendogli punizioni continue, come quelle di farlo dormire frequentemente nella cantina di casa, ma anche dimostrando nei suoi confronti, proprio come suo padre, assoluto disinteresse, dimostrandone al contrario, particolare interesse per i suoi continui compagni, che si racconta cambiasse, così come fossero stati gli abiti che s’indossano ogni giorno.
Altro segnale importante, sempre citato all’inizio del mio trattato, era quello di trovare piacere nel torturare, uccidere e sezionare piccoli animali, unitamente ad atti di piromania, come pure quello di praticare strani “giochini” sessuali, che compiva con le bambole della sorellina, coinvolgendola anche in taluni casi. Tutto ciò, riconducendo questo suo comportamento alla teoria della Triade di MacDonald, che come detto, seppur questa ampiamente discussa, tuttavia, ipotizza questi segni come un campanello di allarme alla psicopatia, in quanto sarebbero stati riscontrati presenti nell’infanzia di numerosi soggetti, divenuti poi serial killer in età adulta.
Kemper è un serial killer del genere organizzato, presenta un quoziente d’intelligenza al di sopra della media, riuscendo addirittura ad ingannare e convincere i suoi medici ed analisti della sua avvenuta guarigione, tanto da essere dimesso dall’ospedale psichiatrico, molto tempo prima del previsto.
Lo dimostrano inoltre, la sua lucidità, il suo continuo studio ed il prendere nota di ogni parola, di ogni movimento, di ogni orario, di ogni luogo, sia dei suoi medici durante l’internamento, sia degli amici poliziotti, che degli autostoppisti che aveva iniziato a caricare sulla sua auto.
La sua premeditazione e programmazione delle future azioni criminali è indiscutibile, tanto da attendere pazientemente il momento in cui si è effettivamente sentito sicuro di sé stesso e dopo aver munito la sua auto, compagna delle sue tante scorribande ed azioni criminali, di ogni accorgimento necessario, compreso l’apparato ricetrasmittente, con il quale ascoltava i movimenti della polizia, ma anche apportando alcune modifiche fondamentali al veicolo, tra le quali, un sistema che per mezzo di un pulsante, consentiva il blocco automatico di tutte le portiere, impedendo alla vittima di turno di potersi darsi alla fuga.
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