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Le donne erano costrette, anche sotto minaccia, ad essere legate, ammanettate, imbavagliate ed incappucciate, per essere poi sottoposte a violenze di vario genere, mediante l’utilizzo anche di fruste e vibratori, in una conscia e quanto mai lucida attività di premeditazione, ben organizzata in ogni suo dettaglio, sia per quanto concerne il caricamento in auto delle donne, che per quanto riguarda, i materiali e le attrezzature presenti nel casolare ove le conduceva. Mantenendo inoltre, sempre un alto livello delle sue azioni ed buon controllo dei suoi delitti, tanto da essere riuscito ad occultare i corpi martoriati delle vittime, per notevole tempo e tuttavia, in alcuni casi, venuti alla luce solo dopo che il criminale stesso, incalzato dagli interrogatori, avesse fornito dettagli sui luoghi ove i resti stessi erano stati occultati e sepolti, il tutto confermato dal suo discreto quoziente intellettivo.
Mentre si può dire che Gianfranco Stevanin, era mosso nel suo agire dal piacere di uccidere, da quello del torturare e violentare le sue vittime, indotto da palese sadismo, compiendo su di esse atti di violenza sessuale e di necrofilia, mostrando evidente parafilia feticista. Quest’ultima caratteristica, è dimostrata dai peli del pube che rasava alle sue vittime e che conservava meticolosamente in alcune scatoline, con l’intento, a suo dire, di farne un cuscino, ma anche dai vari indumenti intimi ed altri oggetti, appartenuti alle stesse donne, come pure l’enorme collezione di foto, scattate in varie posizioni sessuali alle sventurate prostitute, caratteristiche queste proprie al genere di serial killer definiti edonistici.
L’agire di Stevanin, appartiene anche al genere di serial killer definito “dominatori”, che come ho avuto modo in più occasioni di dire, è quello definito il più comune. Il tipo al quale piace esercitare potere sulle sue vittime, ricavando da queste azioni, il rafforzamento della propria stima, intesa soprattutto, nella forza fisica e mentale, probabilmente a compenso di quelle pressioni ricevute da sua madre, che come detto, usava definire una donna asfissiante, che sembrava un segugio, alla quale nulla era possibile nascondere e che fu la causa prevalente che lo fece allontanare dalla sua ragazza. Proprio da quella ragazza, della quale diceva di essere veramente innamorato e che, proprio a causa di quel distacco, avrebbe iniziato a frequentare le prostitute. Donne il più delle volte sconosciute, con le quali non aveva alcun legame, donne che pagava in cambio di quelle prestazioni estreme, che le conducevano a loro insaputa, inevitabilmente alla morte.
Poi, indubbiamente, è possibile l’esistenza di disturbi mentali, dovuti ai danni seguiti al grave incidente in moto del 1976, a seguito del quale, sembra che Stevanin, abbia effettivamente mutato radicalmente il suo carattere, presentando disturbi della memoria e disturbi da deficit dell’attenzione.
Seppur in proposito, ci sarebbe molto da dire, in particolare sulle contrastanti perizie psichiatriche alle quali sono conseguiti gli esiti altrettanto contraddittori dei processi. Di fatto, ho sempre sostenuto, che la mente umana, nonostante la scienza e la ricerca negli ultimi anni abbiano fatto passi da gigante, sia ancora molto difficile da comprendere e da decodificare e di conseguenza definire con certezza se un criminale, abbia avuto o meno, in quel particolare momento della commissione del suo crimine, il possesso della capacità di intendere e di volere, necessaria a confermare la colpevolezza di un individuo e quindi, ad incriminarlo.
La dimostrazione a tal proposito, sono proprio le perizie contrastanti di questa e di tante altre vicende analoghe, che mi portano alla ferma convinzione che, pur con tutto rispetto per la categoria, qualora mettessimo dieci psichiatri insieme, per periziare un soggetto, ognuno di essi, direbbe qualcosa di diverso dall’altro, se non addirittura, di totalmente opposto.
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