(continua dalla scorsa edizione)
Mentre i gemelli selezionati, venivano sottoposti ai raggi X, fotografati e costretti a subire numerosissimi, quanto invadenti e dolorosissimi esami clinici, alla somministrazione di sostanze chimiche, al prelevamento di organi, senza che la cavia umana fosse prima stata sottoposta ad alcuna anestesia, provocandone in tanti casi anche la morte, nonché all’uccisione repentina della stessa, mediante un colpo alla testa o dovuta alla somministrazione di iniezioni letali di cloroformio direttamente nel muscolo cardiaco.
Mengele effettuò sulle sue povere vittime, anche inutili trasfusioni di sangue di gruppi diversi e non compatibili tra di essi, supervisionando inoltre un’assurda operazione finalizzata ad unire tra di loro due bambini rom, con l’insensato e perverso intento di creare artificialmente una coppia di siamesi, ottenendo il solo risultato di provocare in loro necrosi tissutale delle mani.
Altrettanto inutili si rivelarono inoltre, gli esperimenti effettuati da Mengele sulle povere vittime, destinati a modificare la colorazione dei loro occhi, con l’obiettivo di renderli azzurri, ma che di fatto, causarono in loro, la sola cecità.
Ora, a proposito di quanto al punto precedente, una necessaria parentisi. Nella città di Günzburg, nel periodo compreso tra gli anni 2004/2005, gli studenti di alcune scuole del posto, realizzarono un monumento, costituito da una lapide con iscrizione, circondata da 50 occhi singoli e 25 coppie di occhi, a memoria di uno dei momenti più bui, che la storia della città, ebbe modo di vivere.
L’interesse di Mengele oltre che per i gemelli, era rivolto anche agli zingari, ai nani, agli ebrei ed a tutti gli individui che presentavano, diversità, anomalie e difformità fisiche.
I cadaveri venivano sottoposti ad esami autoptici, mentre parti dei loro resti, venivano anche inviate fuori del campo, per essere sottoposte ad ulteriori analisi presso altri laboratori ed istituti di medicina, così come pure, gli organi prelevati ad alcune vittime ancora in vita, che in egual modo, venivano inviati per ulteriori studi al suo maestro, il Dottor von Verschuer, con il quale come detto sopra, aveva iniziato la sua carriera in qualità di assistente e per il quale, non venne mai meno, la sua ammirazione.
Si racconta che egli, alternasse il suo comportamento, a momenti di squisita gentilezza, apparente empatia e disponibilità, soprattutto con i suoi colleghi, ad altri di estrema collera, perfidia e totale indifferenza, tanto che in un occasione, si narra che, irritato per la lentezza con cui alcuni suoi collaboratori stavano praticando le iniezioni letali di fenolo alle loro vittime, strappò dalle mani di uno di essi una siringa piena di liquido, praticando personalmente l’iniezione fatale, dimostrando loro le modalità con le quali questa avrebbe dovuto essere praticata.
Nel 1945, al termine del conflitto, ad un solo giorno prima di lasciare il campo, Mengele, non esitò neanche minimamente a controllare e smistare, l’ultimo treno arrivato alla banchina del campo, carico di 506 deportati, decidendo come sempre e senza alcun indugio, della loro vita, destinandone immediatamente a morte nella camera a gas, un numero esorbitante: ben 480 unità.
Josef Mengele, come tanti altri criminali Nazisti, dopo aver vissuto in incognito per qualche tempo in Germania, riuscì tuttavia a farla franca e nel 1949, a scappare in Argentina con un passaporto falso rilasciato dal comune di Termeno in Alto Adige, per poi continuare a vivere impunito in alcuni paesi del Sud America, dopo essersi sottratto anche al processo di Norimberga, sino alla sua morte, causata da un arresto cardiaco, avvenuta a Bertioga, nello Stato di San Paolo in Brasile, il 7 febbraio 1979.
Una curiosità che risulta essere anche una sorta di beffa, per chi in vita credeva di essere il padrone della vita e della morte degli altri, come pure dei corpi delle sue povere vittime: l’istituto di medicina legale di San Paolo del Brasile, ha conservato i suoi resti, le cui ossa, ancora oggi sono a disposizione degli studenti per i loro studi.
(continua nella prossima edizione)