(continua dall’edizione precedente)
Gli indizi e tracce, condussero ben presto al parroco di San Giorgio a Correggio, il quale aveva presentato al Banco di San Prospero, un Buono del Tesoro della cantante, a dire dello stesso prete, ricevuto da tale Abelardo Spinarelli, risultato poi amico della stessa Cianciulli, dovuto da questa, per il saldo di un debito pregresso.
Fu così che gli investigatori, non ci misero molto tempo ad arrivare alle responsabilità di Leonarda Cianciulli, la quale, pressata dalle domande, ammise senza indugio e particolari resistenze, di essere l’unica responsabile degli omicidi delle tre donne.
Sorgevano ora dubbi sull’eventuale complicità negli omicidi, da parte del figlio più grande Giuseppe, il quale però, nel processo tenutosi nel 1946, dichiarò si, di aver spedito le famose lettere, ma senza però conoscere la verità dei fatti.
Un’ulteriore prova, che avrebbe consentito di scagionare il figlio, della quale però non si hanno documentazioni relative, sarebbe stata quella fornita dalla stessa Leonarda, in sede di giudizio. La donna, ai dubbi dei magistrati inquirenti, avrebbe proposto loro di sezionare il cadavere di un povero vagabondo deceduto in ospedale. Dimostrazione, che sembra fu autorizzata. In non più di dieci minuti, sezionando i poveri resti dell’uomo, dando successivamente inizio all’attività di saponificazione, riuscì a convincere i magistrati e gli avvocati presenti, delle sue uniche responsabilità nel compimento degli omicidi delle tre povere donne e del successivo trattamento dei loro corpi, scagionando di fatto il figlio Giuseppe. Per questo, poi definita la “saponificatrice di Correggio”
Per tali fatti fu condannata a 30 anni di carcere ed a tre anni di manicomio giudiziario.
Durante il periodo della lunga detenzione, scrisse le sue lunghe memorie, lavorò all’uncinetto e si dedicò a cucinare “deliziosi” biscottini, che sembra però, nessuno avesse avuto voglia di assaggiare, ricevendo costantemente le visite da parte dei suoi figli e morendo a causa di un ictus cerebrale, il 15 ottobre 1970, nel penitenziario di Aversa.
Ed ora, mi avvio come sempre alle conclusioni.
In effetti, oggi, ci potrebbe stupire la realizzazione di saponi e dolci, elaborati con grassi di animali, anche se esistono aziende artigianali biologiche a vari livelli, che ne producono di ogni genere, colore e profumazione, vendendoli anche a discreti prezzi.
All’epoca in cui nacque Leonarda, specie nelle comunità rurali montane e nel caso dei suoi genitori, con un padre allevatore, ritengo che sia stato del tutto più che normale, conoscere il metodo per realizzare il sapone, con gli scarti della macellazione degli animali, uniti a quelli vegetali, elaborati con soda caustica ed acqua. Volendolo, bastava aggiungere coloranti e profumi, realizzati anch’essi con prodotti dell’orto ed infiorescenze varie, e voilà, il gioco era fatto! Ottenendo così, dal sapone più grezzo, utilizzato per lo più per lavare il bucato al torrente o al fontanile, alle saponette più colorate e profumate, che venivano messe anche tra la biancheria appena lavata riposta nei cassetti.
(continua nella prossima edizione)