(continua dall’edizione precedente)
Questa storia inoltre, pone ulteriori interrogativi, tra i quali anche relativi a tante morti che avvengono negli ospedali, più o meno sospette. Lo stato di subordinazione e dipendenza in cui versa un paziente sottoposto a cure mediche o comunque ricoverato, ed il potere di supremazia di certi sanitari, che non di rado, trattano i malati come fossero pezzi di carne buttati su un letto, con fare di superiorità, senza dare il minimo d’informazione di ciò che stanno somministrando, è la dimostrazione di scarsa professionalità ed assoluta mancanza di sensibilità di chi in quel momento, diviene estremamente vulnerabile, a fronte ovviamente di quei tanti sanitari, che svolgono il loro mestiere con abnegazione e capaci di creare empatia con il paziente, è in questo caso il segnale che il loro lavoro, è preso oltre che per tale, come una vera e propria missione al servizio della collettività.
Comunque, raccontata la vicenda e viste le considerazioni del caso appena fatte, mi accingo a giungere alle conclusioni.
L’agire di un serial killer in campo sanitario, credo sia uno dei più pericolosi e vili si possano avere tra le varie forme di uccisori seriali che sono motivati da ragioni diverse, proprio per ciò che ho appena detto: vulnerabilità e dipendenza del malato.
Naturalmente, per il caso in esame, c’è ancora da considerare la riserva dell’appello, così come annunciato dai legali della difesa e sappiamo tutti quanto la nostra giustizia sia più o meno giustamente garantista e che tutto può cambiare, anche stravolgendosi letteralmente, sino alla sentenza definitiva passata in giudicato in terzo grado.
Per i suoi difensori Andrea Pezzangora e Ennio Buffoli, Cazzaniga, avrebbe colmato le lacune dell’ospedale, somministrando in una situazione di emergenza, farmaci con effetti palliativi, con l’intento di lenire le sofferenze dei pazienti.
In tutta verità, in questo caso, la vedo dura.
Le responsabilità sulle uccisioni sono state riconosciute anche dal Cazzaniga stesso, che ha sostenuto in più occasioni, di esserne responsabile, tuttavia solamente per condurre i suoi pazienti ad una morte ormai certa, ma più serena, decente ed indolore.
Quindi, l’unico stravolgimento ipotizzabile a mio modesto parere, così come accaduto nel caso di Pier Paolo Brega Massone, chirurgo di quella che fu definita la “clinica degli orrori”, potrebbe essere quello della riqualificazione del reato, da omicidio volontario a quello colposo, che certamente farebbe evitare la condanna all’ergastolo al Cazzaniga.
Mancano però alcuni elementi fondamentali e cioè, sia quello che attualmente la legge italiana non prevede la pratica dell’eutanasia, ma anche e soprattutto, quello relativo alla chiara volontà, dimostrata dai pazienti, di voler porre termine alla loro esistenza.
Ad ogni modo, staremo a vedere quale risvolto prenderà la vicenda.
(continua nella prossima edizione)