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Figlio di Renato, un modesto ed umile operaio, il quale, nonostante avesse in ogni modo sempre cercato di proteggere suo figlio anche  dopo l’arresto ed il processo, dall’assediamento da parte dei cronisti, non ha comunque accettato la severità della magistratura, che come di seguito vedremo, lo riconobbe colpevole di cinque omicidi e non dei soli tre confessati dallo stesso Marco. Per tutto questo, pervaso dalla vergogna, stanco di questa lunga ed umiliante storia, la sera del 18 aprile del 1994, decise di farla finita.

Solo un paio di giorni prima, la RAI, aveva annunciato, che nel programma televisivo “Un giorno in Pretura”, sarebbe stata appositamente dedicata una puntata al processo del figlio Marco Bergamo. Era proprio troppo! Renato Bergamo, era all’apice, non ce la faceva più. Attese che la moglie Maria uscisse di casa per partecipare come sempre alla Santa Messa delle 19.00, poi, una volta solo, salì in soffitta, il luogo ove usava ritirarsi e qui, impiccandosi, si tolse la vita. Al suo rientro, la donna rinvenne il corpo del marito penzolante e privo di vita, mentre i vicini di casa, a seguito delle sue urla, chiamarono il 113. I poliziotti intervenuti, non poterono far altro che constatare la morte dell’uomo e convincere Maria, trovata ancora disperatamente abbracciata al corpo del marito, a staccarsi da esso per essere accompagnata in ospedale, a seguito dell’evidente stato di choc che l’aveva colpita. Maria, una casalinga, che era sempre apparsa la più debole della famiglia nei confronti della vicenda che aveva coinvolto il figlio e che, anch’essa, l’anno precedente, durante le fasi più intense e dure del processo a suo carico, aveva tentato di togliersi la vita, riuscendo tuttavia a superare questo pensiero estremo, solo grazie alla sua grande fede religiosa, ed alla oramai, seppur flebile speranza, che al figlio Marco venisse riconosciuta, l’infermità mentale. Mentre il fratello di Bergamo, Luigi, dopo il suicidio del padre, espresse il desiderio che la puntata sul processo a carico del fratello, non venisse trasmessa.

Dopo il preambolo, veniamo come sempre alla storia ed ai fatti.

Erano circa le sei del mattino del 6 agosto del 1992, quando Marco Bergamo, alla guida della sua auto, una Seat Ibiza, di colore rosso Ferrari, si imbatte in un posto di blocco venendo fermato da una pattuglia della polizia, mentre stava tentando di allontanarsi da Bolzano, transitando su via Volta.

Intanto, solo poche ore prima, una giovane ragazza, era stata rinvenuta in fin  di vita e deceduta subito dopo, sul ciglio della strada per Monte Pozza; era vestita solo con una maglietta bianca ed una scarpa. In un primo momento, si pensò che fosse rimasta vittima di un incidente stradale, ma il medico legale che intervenne sul posto, da un primo esame, accertò subito sul corpo della giovane, la presenza di ben 26 ferite da arma da taglio, distribuite principalmente sul suo dorso, le quali  avevano causato la morte per dissanguamento della donna: non si era trattato di  un incidente stradale, bensì, era stata uccisa.

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