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Questa congettura, può trovare supporto, in taluni studi effettuati a suo carico, in cui alcuni esperti, avevano preso in considerazione l’ipotesi della plausibilità o meno, di una sua eventuale rieducazione per una successiva reintroduzione nella società, senza però che gli stessi studiosi, anche dopo la sua morte, fossero in grado di dare risposte certe a tal proposito.
La missione di Marco Bergamo, esclusa la prima vittima, che possiamo considerare quasi come un banco di prova, era quella di ripulire la società da un certo genere di donne, che erano le prostitute, o comunque da tutte quelle donne che facevano una vita, per così dire, sregolata. Quelle donne, che comunque, neanche pagando era capace di affrontare con un rapporto sessuale che può considerarsi o comunque essere definito, normale. Quelle donne, che odiava e che a suo dire, lo umiliavano e che non lo facevano sentire un vero uomo. Quelle donne, a cui sapeva solo chiedere, dietro un corrispettivo, i loro indumenti intimi, o alle quali, una volta trucidate, li prelevava, trovando poi piacere nel tagliuzzarli maniacalmente.
Tuttavia, il movente predominante delle sue azioni omicidiarie, è riconducibile al mero piacere di uccidere e di farlo, infierendo crudelmente sulle sue vittime, seppur mai violentandole, ma, sottolineo ancora una volta, ricevendo quel piacere, anche sessuale, dal vedere scorrere fiumi di sangue; piacere e godimento estremo, da quel sangue che zampillava dalle carotidi delle poverette appena sgozzate, quel sangue che schizzava ad ogni battito del cuore, sino allo stremo, in ogni dove.
Tanto che nel caso della Troger, il dottor Giovanni Bonan, dell’università di Padova, ebbe a dire: “Ritengo principale la morte per strangolamento, poi c’è stato lo scannamento, infine sono stati inferti 14 colpi. Alcuni di essi hanno toccato i polmoni”. Confermando di fatto, un vero delirio di piacere per l’omicida, visto che i fendenti, sono furono inferti dopo la morte della donna, sul suo corpo, oramai cadavere.
Bergamo, agisce anche con lo scopo di esercitare potere sulle sue vittime, che lo fa rientrare anche nella categoria dei così detti dominatori.
In questo modo, in analogia a tanti altri uccisori seriali, anche nel caso in esame, il killer uccideva anche a compensazione, conscia o inconscia, di quelle patologie ed anomalie fisiche, cui era stato portatore nella sua infanzia e poi, sino anche a quelle sopraggiunte in età adulta, dovute all’asportazione del testicolo, seppur non risultano a tal proposito, particolari vessazioni o violenze subite nella sua infanzia, come generalmente accade nella disamina dell’agire di questo ultima categoria di serial killer.
Le azioni efferate e sanguinarie di Marco Bergamo, riportano alla mia mente, quelle commesse della Contessa Elizabeth Bathory, oggetto di miei precedenti studi. Vissuta nel lontanissimo XVI secolo, dove trascorse i primi anni della sua vita nel villaggio di Nyírbátor, in Ungheria. La donna, uccideva trovando piacere nel torturare giovani contadinelle, che si recavano al suo castello per trovare lavoro. Le torturava, le trucidava, procurava loro la morte tra mille sevizie, costringendole per giorni in anguste gabbie, ricolme di irti aculei, ove una volta sfinite, vi si accasciavano sopra e con il peso del loro corpo, finendo per essere trafitte. Il loro sangue veniva fatto sciorinare in una vasca realizzata con delle ossa umane, ove la contessa, era solita fare i suoi bagni di bellezza e di giovinezza, convinta, in un miscuglio tra sadismo, stregoneria ed esoterismo, che il sangue delle giovani vergini, facesse ringiovanire la sua pelle ed il suo corpo.
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