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Dopo qualche ora, chiama la stazione dei carabinieri di Stradella, confessando telefonicamente il delitto ai militari, dicendo loro, che il corpo del marito, si trova sul balcone di casa, ma gli uomini dell’Arma, in un primo momento non credono alla segnalazione e, sempre telefonicamente, chiedono di poter parlare con le figlie della donna, le quali confermano l’effettiva dipartita del loro genitore e che il suo corpo, si trova per l’appunto avvolto in coperte sporche di sangue, fuori del ballatoio.
Dopo l’arresto, riconosciutale la semi-infermità mentale, la pena viene ridotta e Milena viene condannata a 6 anni ed otto mesi di detenzione, da scontare ai domiciliari e poi inviata ad una comunità di recupero per alcolizzati, senza però ottenere grandi risultati in proposito.
Anche qui, conosce un ex carabiniere, che si offre di darle ospitalità , ma subito dopo, ironia della sorte, l’uomo tenta di violentarla.
Ed è a questo punto, che disorientata, delusa e stanca della vita più che mai, tramite un annuncio apparso su un giornale, conosce Angelo Porrello, che le da ospitalità in cambio dello svolgimento di lavori casalinghi, ma che, all’insaputa di Milena, era stato detenuto per 6 anni e mezzo, in quanto riconosciuto colpevole, di aver usato violenza sessuale nei confronti delle sue tre figlie.
E’ il 5 ottobre del 1999, quando Angelo Porrello, scompare, ed il suo corpo, viene ritrovato dopo alcuni giorni, nel letamaio del giardino della sua casa.
Alcuni indizi, riconducono alla Quaglini, che ne frattempo era stata ricondotta presso il carcere di Vigevano, poiché evasa dai domiciliari. Dopo alcuni giorni di detenzione, Milena confessa l’omicidio dell’uomo, che a suo dire, aveva perpetrato violenze nei suoi confronti, violentandola più volte, asserendo che prima dell’ultimo stupro, stanca, le avrebbe offerto un caffè, nel quale erano sciolti in grande quantità dei potenti tranquillanti, che hanno stordito l’uomo.
Milena, continua il suo racconto agli inquirenti, asserendo di aver riempito la vasca da bagno di acqua e di aver trascinato poi il corpo di Angelo, immergendolo in essa, sino a farlo annegare, per poi trasportarlo nella concimaia, ove, due settimane dopo, è stato ritrovato.
Dopo la confessione, in cui Milena, sostiene vivacemente, di non essere un’assassina, bensì una vittima, la donna rimane nel carcere di Vigevano, dichiarando: “Quando qualcuno reagisce male, io reagisco peggio”. La confessione, sembra aver ridonato coraggio e forza interiore alla donna, quasi come in una sorta di liberazione dalle vessazioni subite per un’intera vita. Nella sua cella, torna nuovamente a dipingere, sembra le sia tornata la serenità , tanto da aver convinto anche gli psicologi, che il suo percorso di recupero, fosse a buon punto.
Ma, ecco la conclusione della sua storia.
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