Siamo a ridosso dell’Unità d’Italia, come certamente noto, avvenuta nel 1861, quando poco più di un decennio prima, nel 1849, nasce a Bottanuco, un paesino della bergamasca, che in quell’epoca contava circa 1400 anime, Vincenzo Verzeni.
Comune, situato nell’isola bergamasca e più precisamente, sulla riva sinistra del fiume Adda e distante circa 22 chilometri dal capoluogo Bergamo.
L’economia prevalente consisteva nell’agricoltura, e non pochi erano i contadini che vivevano in stato di disagio ed in povertà, così come nel caso dei suoi genitori. Un padre alcolizzato e violento ed una madre che soffriva di attacchi epilettici.
Il giovanissimo Vincenzo, non frequentò alcuna scuola, ma si riporta di lui, fosse un bambino remissivo, discreto, riservato ed abbastanza intelligente. Un’adolescenza severa e faticosa, senza alcuno svago o divertimento, trattato con pochi affetti, con distacco e severità da genitori e parenti e sottoposto a punizioni corporali con consueta, quotidiana regolarità.
Un quadro questo, che ho riscontrato comune a molti altri serial killer oggetto dei miei studi e che anche in questa circostanza, può avere influito negativamente sulle scelte effettuate in età adulta dal criminale, il quale, avendo vissuto da bambino in un clima ove la violenza era considerata cosa normale o comunque usuale, può ritenere di fatto normale, usare a sua volta violenza nei confronti delle persone, in età adulta.
Tuttavia, fu proprio in occasione dell’Unità d’Italia, che nel territorio si avviò un importante processo di industrializzazione, che ebbe grande influenza sul miglioramento delle condizioni di vita di tutti i suoi abitanti, risentendo di fatto, di ciò che stava accadendo in gran parte dell’Europa già dal 1850, che durò sino al primo decennio del XX secolo e che dette seguito ad una serie di cambiamenti epocali: la seconda rivoluzione industriale.
Fu nella seconda metà del 1800, che Buttanuco, sino ad allora un tranquillo paesino rurale, sale alla ribalta delle cronache, proprio a seguito delle vicende commesse da Vincenzo Verzeni, detto “lo strangolatore di donne” e “Il vampiro della bergamasca”, che fu considerato il primo serial killer italiano e tra i primi casi studiati proprio da colui che è stato definito per antonomasia, il padre della moderna criminologia: Cesare Lombroso.
Si riporta che Verzeni, già dall’età di dodici anni, mostrasse alcune strane tendenze ed i primi indubbi segni di particolari comportamenti violenti. E’ ossessionato ed eccitato dal pensiero di aggredire una donna qualsiasi, per gettarla in terra e cingerle poi forte il collo con le mani, dopo aver anche compreso il suo particolare piacere nell’uccidere i polli e che queste azioni, non erano finalizzate alla sola necessità alimentare.
continua…