“Ciò che leggo e che ascolto sulla proposta dell’Enel per Civitavecchia lo trovo surreale.
Quindi Civitavecchia dovrebbe ospitare un’altra centrale sia pure nella stessa area di Torrevaldaliga nord. Una centrale alimentata a gas metano.
Una centrale che si affiancherebbe a quella a carbone che comunque rimarrebbe in vita per essere utilizzata all’occorrenza.
E il tutto con una drastica riduzione degli occupati.
È certamente una semplificazione descrivere così la situazione. Ma almeno è possibile capire meglio ciò che potrebbe accadere.
Vorrei sfuggire alla trappola dei tecnicismi, alla discussione sui dati, sugli inquinanti, sui vantaggi e sui benefici per il nostro territorio e su tante altre cose ancora.
Ho memoria delle interminabili discussioni tecniche che negli anni si sono succedute e non mi seduce affatto tornarci su. Mi limito a dire che il discorso tecnico non mi trova competente (ed io credo nelle competenze) e che comunque non è l’angolo visuale da cui mi interessa affrontare il problema della presenza Enel a Civitavecchia.
Non perché non sia sensibile ai problemi ambientali che considero una priorità assoluta, ma perché ritengo che il nostro ragionamento possa e debba essere un altro.
Partirei da una affermazione perentoria. Basta con il procrastinare la presenza Enel nella nostra città. È storia ormai antica: ogni volta che ci si avvicina alla obsolescenza degli impianti, si avanza una nuova proposta per rigenerarli utilizzando combustibili diversi. E così la storia continua, anzi riprende da capo.
È accaduto per Torre sud con l’immissione del metano nella combustione, è accaduto per Torre nord con la trasformazione a carbone. Ed ora una nuova proposta, sempre nella stessa direzione, sempre con la stessa logica.
Così la strategia che fu delineata negli anni 80/90 basata su una graduale fuoriuscita dalla produzione energetica sul nostro territorio, ogni volta che si avvicina la sua opportunità, si allontana di nuovo.
Ogni volta le centrali sono state trasformate e rigenerate. Sono più di trent’anni che va avanti così.
Non voglio demonizzare Enel, voglio solo dire che questo territorio deve avere altre ambizioni nel rispetto delle sue vocazioni naturali e che bisognerà pur iniziare una seria riconversione della nostra economia.
Nei primi anni 90 si iniziò con la chiusura di Fiumaretta e poi con il suo smantellamento, ma il processo si è arrestato. Non voglio giudicare, ma è certo che se avessimo continuato su quella strada, ciò che allora sembrava lontano oggi sarebbe concreta realtà.
Il no alla realizzazione della centrale a metano mi sembra un imperativo categorico. Altrettanto categorica dovrebbe essere la ripresa di una trattativa seria per la dichiarazione di obsolescenza degli impianti e la previsione, in tempi opportunamente cadenzati, del loro smantellamento.
Una trattativa che dovrebbe scandire i tempi e la riallocazione del personale. Una trattativa che dovrebbe anche definire su questo territorio un impegno dell’Enel in altri campi, diversi dalla produzione, su un’area limitata, in armonia con un nuovo modello di sviluppo.
Un territorio che è stato per oltre settant’anni una risorsa così importante per l’Enel, meriterebbe attenzione e sensibilità da parte dell’ente elettrico e del governo.
Soltanto operando con coraggio in questa direzione la città e il comprensorio potranno avviare un nuovo cammino per un diverso sviluppo che veda al centro il porto, il turismo, la valorizzazione delle risorse endogene a partire dalle terme, dai beni ambientali, archeologici e paesaggistici, dalla riqualificazione della costa, dalle risorse che abbiamo insomma.
Soltanto cambiando radicalmente direzione di marcia potremo avere una riqualificazione del territorio e delle sue attività, a partire dal commercio e dai servizi.
Bisognerà ragionare su cosa deve essere la Civitavecchia del futuro. E’ problema di modello di sviluppo su cui occorrerà tornare a confrontarci per uscire dalle tante emergenze e dalla occasionalità che hanno caratterizzato questi anni.
In una condizione in cui non c’è più neanche il ricatto occupazionale considerando il numero esiguo di dipendenti che l’Enel ci prospetta per il futuro, permane soltanto l’occupazione di un territorio vastissimo quanto pregiato, con scarsissimi ritorni in termini di lavoro, sviluppo e risorse per la nostra collettività.
No, dobbiamo spostare il terreno di confronto con l’Enel. Non si può guardare al futuro senza affrancarci dai condizionamenti dettati dalla presenza delle centrali, per guardare oltre, ad altre opportunità, ad altre prospettive.
Su questi temi in città deve aprirsi il più ampio confronto. Un confronto che coinvolga tutti, cittadini, istituzioni, partiti, sindacati, associazioni, per ritrovare quell’ unità di intenti perduta da molti anni e per elaborare una piattaforma condivisa su cui concentrare gli sforzi.”
Fabrizio Barbaranelli