«Il ministro dello Sviluppo economico Calenda ha detto illustrando i principali punti della Strategia energetica nazionale 2017 che è possibile uscire dal carbone tra il 2025 e il 2030. Il MoVimento 5 Stelle ha realizzato un programma energetico prospettando la chiusura delle centrali a carbone al 2020. Non sono numeri lanciati a caso ma frutto di studi che il ministro dovrebbe conoscere»: lo dichiara il deputato Davide Crippa della Commissione Attività produttive.
«Il Ministro, cercando di stigmatizzare la proposta M5S di uscire dal carbone al 2020, ha evidenziato la presenza di costi non recuperabili in caso di “accelerazione” della chiusura degli impianti al 2025. Ma andando a vedere meglio i conti, un recente studio dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis ci dice che con i nuovi limiti di emissione introdotti dal 2021 con il Regolamento LCP BREF, 108 centrali europee sarebbero a rischio chiusura perché troppo costose da mettere in regola. In Italia le centrali “low hanging fruit”, quelle più convenienti da chiudere sarebbero 3, due di ENEL e 1 di A2A. Uscire dal carbone al 2030, dati MISE, costerebbe tra i 2,3 e i 2,7 miliardi di Euro di più con costi ulteriori (ma non quantificati) al 2025».
Al netto, chiaramente di tutte le esternalità negative che la produzione di energia dal carbone comporta.
«Già nel 2016 un rapporto dell’Ong europea Heal ci ha detto chiaramente il prezzo pagato in vite umane per avere energia elettrica prodotta da carbone in Europa: 22.300 morti premature in Europa nel 2013 per un costo sanitario tra i 32,4 e i 62,3 miliardi di Euro, valore che presenta una variabilità così elevata a causa della difficoltà nell’attribuire un valore economico alla perdita di una vita umana. In Italia la stima conta 1.610 morti, di cui 350 da emissioni prodotte da impianti nazionali e le restanti dovute alle emissioni degli impianti accesi negli altri paesi: il carbone è soprattutto un problema europeo. Il Movimento 5 Stelle, da anni, propone di rinunciare al carbone per produrre elettricità, circa il 13% di quella consumata e il 40% delle emissioni, per sostituirlo principalmente con interventi di efficienza energetica e di produzione di energia da fonti rinnovabili».