Categoria delusa e preoccupata. C’è chi ha già licenziato, chi ha difficoltà con le spese. Ed il sommerso è un problema. Slitta la riapertura e si fa spazio all’abusivismo.
CIVITAVECCHIA – Una categoria che si è sentita abbandonata e trattata senza alcuna dignità, come l’ultima ruota del carro; una categoria che vede molto difficile, a questo punto, la ripresa, con le serrande abbassate ormai dal 10 marzo scorso. Perché il discorso del premier Conte sulla “fase 2” ha dato di fatto il colpo di grazia a parrucchieri, barbieri ed estetisti.
«Pensavamo di poter riaprire il 4 maggio, al massimo l’11 – ha spiegato Stefano Palmeri, della Holding Palmeri – e invece è stata indicata la data del 1° giugno prossimo: ci hanno massacrato, non ci aspettavamo certo un rinvio di questa portata. Solo la scorsa settimana, come gruppo, abbiamo versato 20mila euro sui conti per coprire le varie spese. Abbiamo già dovuto licenziare sette persone, chiuso lo storico locale di largo Plebiscito per i costi alti di affitto. Se non cambia nulla, alla riapertura, come ci comporteremo? Alziamo i prezzi, oppure riduciamo del 50% le ore al personale oppure ancora licenzieremo la metà di quello attuale?».
Una delusione ed un’amarezza che si respira anche dalle parole di Patrizia Piscitello, della Compagnia della Bellezza. «Forse riapriremo a giungo, ma senza aver ricevuto alcuna motivazione su questo ulteriore mese di chiusura – ha sottolineato – il nostro è e sarà sempre un rapporto ravvicinato con il cliente: questo significa che non potremo riaprire finché non verrà trovato un vaccino? I 600 euro del bonus non sono certo la soluzione,, servono per sciacquare la coscienza. Non sono stati sospesi i canoni d’affitto, abbiamo continuato a pagare le utenze pur non incassando nulla: io personalmente ho dovuto accendere un prestito in banca per aiutare di fatto le mie nove dipendenti. Ecco, questo ci ha detto lo Stato: indebitatevi».
«Fino a marzo – ha aggiunto Martina Massa, di F&M Hair Studio – eravamo quelli meno a rischio, siamo stati tra gli ultimi a chiudere, oggi diventiamo quelli maggiormente a rischio, tanto da dover slittare l’apertura ancora di un mese. Con quale criterio si è operata questa scelta? Prolungare ancora questa chiusura significa poi, una volta ripresa l’attività – chi sarà in condizioni di farlo chiaramente – diminuire il lavoro, dovendo contingentare gli ingressi, utilizzando il tempo anche per la sanificazione. Queste decisioni confermano ancora di più la distanza tra politica e realtà. Ci sono saloni che riescono tranquillamente a garantire il distanziamento sociale: perché tenerli chiusi prolungano l’agonia?».
Il futuro prossimo non sembra certo roseo, tutt’altro. «Molti saranno costretti a chiudere o licenziare – ha spiegato Francesco Dattola, di Francesco Evolution – perché non riusciranno a sostenere le spese, perdendo anche una fetta di clientela in questa situazione. Siamo molto preoccupati: in questi mesi abbiamo continuato a pagare, quello che è stato sospeso ce lo troveremo alla riapertura».
Una cosa è stata ribadita da tutti: con queste decisioni e in questa situazione si fa sempre più spazio al sommerso, già presente prima, che oggi aumenta. «Una pirateria pericolosissima – hanno spiegato – anche per quel che riguarda i contagi. Invece del lavoro nero e dell’abusivismo dilagante non controllato, non sarebbe stato meglio aprire i saloni, garantendo le dovute misure di sicurezza?».