“Nonostante l’enfasi nei media, non pubblicizzeremmo troppo i progetti Carbon Capture and Storage (CCS), come quello di ENI a Ravenna. Nella comunità scientifica sono note le criticità: è una idea non del tutto sicura quella di stoccare l’enorme quantità di CO2 prodotta dalla sua separazione nel processamento dei fossili nelle cavità sotterranee: questa CO2 non è chimicamente fissata e la reale capacità di tenuta delle cavità lasciate vuote dal petrolio è ancora quantomeno oggetto di discussione. Una eventuale fuga massiccia di CO2 immagazzinata porterebbe ad un pericolo di asfissia le specie viventi che ne venissero a contatto. In situazioni estreme (quando si creassero soluzioni sovra sature di CO2 in acqua) potrebbero anche avvenire esplosioni.
L’idrogeno prodotto con il gas e con cattura e stoccaggio del carbonio (idrogeno blu da CCS) oltre a non risolvere il problema delle emissioni in maniera sicura continua a lasciare alle generazioni future eredità pericolose. Se ENI intende produrre idrogeno dal gas sviluppi le sue indubbie capacità tecnologiche verso la maturazione di già esistenti processi di frontiera in grado di fornire soluzioni definitive alle emissioni di CO2, evitando di giocare con la geoingegneria.
Invece vediamo bene ed appoggiamo il progetto presentato dalla AECOM. Ricostruzione delle aree terremotate nel 2016 attraverso quattro macro aree di intervento, con produzione e utilizzo di idrogeno verde tra l’Appennino abruzzese e i territori coinvolti nel sisma del 2016, l’idrogenizzazione delle ferrovie abruzzesi, compresa quella che collega Fiumicino alla costa adriatica. A patto che, tra qualche anno, non accada il paradosso di ritrovarci a pagare alla multinazionale americana AECOM l’idrogeno ed i servizi da questa prodotti ed implementati grazie ai soldi destinati al Recovery Fund da loro utilizzati! Come non troppo giustamente aspettato, la multinazionale sfonda il muro del silenzio e ottiene paginate di elogio sui giornali nazionali. Una domanda sorge spontanea: ma perché aziende italiane, specie quelle a maggioranza e controllo pubblico tipo, ENEL, ENI, SNAM ecc.ecc. Non hanno pensato loro a sviluppare questi progetti?
Che ENEL a Civitavecchia e in Italia stia perdendo il treno dell’idrogeno, è vero, forse è volutamente vero. Noi chiediamo ad ENEL di partecipare in maniera positiva al rilancio di una città che tanto ha contribuito all’economia del Paese, subendo impatti, diseconomie e purtroppo anche malattie. Bonifichi e sviluppi, insieme ad altri partner tecnologici, un centro di ricerca di energia sulle fonti rinnovabili di frontiera, con particolare attenzione alle attività portuali. TVN diventi il sito di produzione di idrogeno verde con solare ed eolico on ed off-shore e sia lei a fornire idrogeno alla sua industria di prossimità, il PORTO.
Il Comitato SOLE da due anni diffonde e promuove nelle sedi istituzionali la sua idea progettuale per la città: PORTO BENE COMUNE.
Il progetto si cala perfettamente nella urgente necessità di ricostruzione del territorio: il tessuto economico è da troppi anni logorato dalla monocultura energetica, che ha portato la città alla subalternità alle scelte dell’ENEL, subendo da tempo, per di più, il pesante inquinamento dovuto al carbone. Ora il carbone è in dismissione, e oltre al danno viene proposta la beffa di una riconversione fossile a gas che oltre ad essere climalterante non è neanche lontanamente in grado di compensare l’occupazione persa dalla giusta dismissione del carbone. Il Porto, mai decollato come importante nodo logistico, è tra i primi porti del mediterraneo per attività crocieristica. La città subisce l’inquinamento delle grandi navi, ma per la sua economia il turismo crocieristico è di impatto minimo: turismo di passaggio, mordi e fuggi, di corsa diretto a Roma. Ed ora la pandemia ha dato il colpo finale anche a quel minimo impatto del turismo da crociera: rimane solo l’inquinamento delle navi ormeggiate. Oggi Civitavecchia si trova indiscutibilmente ad essere area di crisi economica ed industriale, il Progetto può essere la risposta.
Il progetto Porto Bene Comune candida Civitavecchia, attraverso il suo porto, quale polo di eccellenza nell’utilizzo e nella validazione su scala reale dell’intera catena di valore dell’idrogeno e delle tecnologie correlate. Questo avviene in piena coerenza con le linee guida della Commissione Europea relative alla sostenibilità della navigazione e della portualità, nonché con le condizionalità ambientali richieste per l’accesso ai fondi europei. Il porto costituirà polo di eccellenza nazionale per la portualità sostenibile, contribuendo al contempo sia al recupero e alla valorizzazione ambientale del territorio che alla positiva risoluzione della crisi occupazionale correlata alla fuoriuscita del carbone. Le usuali necessità elettriche delle attività portuali saranno anch’esse alimentate da fonti rinnovabili. Il progetto prevede la produzione di idrogeno verde su larga scala utilizzando sia surplus energetici che linee dedicate da fonti rinnovabili quale energia primaria ed acqua quale materia prima (power-to-gas). L’idrogeno così prodotto sarà stoccato per un suo successivo riutilizzo come combustibile (gas-to-power) per sistemi a fuel cell, con utilizzo nei trasporti, nella generazione di potenza e nella cogenerazione e trigenerazione. Tutto questo in piena coerenza con gli interventi prospettati in ambito logistico, ambito anch’esso per il quale è prevista in Europa una sostanziale riconversione verso l’idrogeno.
Per rispettare i NUOVI impegni della Commissione Europea dobbiamo aumentare le percentuali di utilizzo di energia da fonti rinnovabili a tappe forzate, arrivando al 50-55% di riduzione delle emissioni climalteranti nel 2030 (rispetto al 1990), ed azzerandole nel 2050. Convertendo a gas, all’ENEL verrebbero assegnati i soldi pubblici necessari per costruire gli impianti a turbogas, ma gli impianti verosimilmente sono destinati a terminare il loro utilizzo a breve, forse anche prima di dieci anni, quando tecnicamente potrebbero produrre per 30 o 40 anni. Le norme europee, le regole del Recovery Fund e i piani di investimento da programmare rendono la centrale a gas di Civitavecchia, come tutte le nuove centrali a gas in via di costruzione, già obsolete prima di aver messo il primo mattone in opera. Non è un buon modo di utilizzare denaro pubblico, soprattutto nel quadro della situazione di crisi e degli impegni da prendere in Europa.
Sin dal primo momento l’idea progettuale da noi sviluppata è stata messa a disposizione di tutti, istituzioni (Autorità Portuale, Comune, Regione, Ministeri) aziende locali e sindacati. Riteniamo che sia questo il momento di creare una forte unione di intenti tra tutte le forze della città che hanno a cuore un futuro diverso da quello che ancora una volta ci viene proposto, fatto di inquinamento, disoccupazione e malattie.
Chiediamo una volta di più alle istituzioni tutte di far sentire la propria voce. Nella necessaria ricostruzione, la centrale TVN sia riconvertita e produca idrogeno verde, il porto di Civitavecchia sia area di primaria implementazione delle tecnologie per l’utilizzo dell’idrogeno verde prodotto. Si uniscano in tal modo risanamento ambientale e ripresa economica.
Si costruisca nel Paese una filiera delle energie rinnovabili affacciata sul Mediterraneo via mare e, attraversando la dorsale appenninica, sull’Adriatico via terra nella costruzione di una ideale via dell’idrogeno. Il futuro è ora”.
Comitato SOLE