Filù Filù siamo noi. Filù Filù sono io.
La libroterapia non è scienza ufficiale ma funziona, perché alcune letture curano lo stress e la pesantezza di certi pensieri a cui siamo assuefatti.
Inizi a leggere un libro per bambini, una favola. Poi scopri che ci sono tanti spunti per te, grande, che hai a che fare con figli – alunni – nipoti – bambini in genere. Poi scopri che il bambino che è in te non se ne è andato mai, nonostante l’anagrafe dica il contrario. Infine rimani a bocca aperta quando ti accorgi che quel bambino che è in te convive con la donna o l’uomo che sei diventato, e ti aiuta a essere più curioso, più sensibile, più aperto verso il mondo che è fuori. Dopo certe letture ci si sente migliori, senza afferrare bene i passaggi della trasformazione.
Marzia Viola è una insegnante di sostegno del nostro Istituto Comprensivo di Montalto di Castro. La diversità è la sua materia preferita, come lei stessa afferma, ma ha un talento per la scrittura che la porta a confrontarsi con le parole e con il loro potere immaginifico: qualche anno fa scrive una sorta di canovaccio che parla di integrazione difficile, di relazioni complicate tra bambini, di volontà di non omologarsi e allo stesso tempo di desiderio di essere accolti e accettati per quel che si è. La bozza diventa copione da adattare per i bambini di quinta elementare della sua scuola (uno spettacolo andato realmente in scena al teatro Lea Padovani di Montalto alcuni anni orsono). Il copione diventa un racconto vero e proprio oggi, una specie di favola moderna, edita dalla casa editrice Albatros: Il viaggio intergalattico di Filù Filù.
“Viaggio”, nel mondo infinito della narrazione, è una parola dai contorni sfumati ed enormemente evocativi, fa pensare ad avventura, a incertezza, scoperta di orizzonti inattesi. A maggior ragione in questa storia, che ha come protagonista Filomena, soprannominata Filù, una bambina un po’ diversa dagli altri, il cui viaggio è addirittura intergalattico. Ma le storie per bambini, la letteratura ci insegna, hanno piani di lettura sovrapposti e a volte sembrano avere come interlocutore proprio l’adulto che legge quella storia ai più piccoli. Lupus in fabula! Eccomi, calato inaspettatamente nel ruolo, e senza preavviso, a causa di un mio vezzo di lettore incallito e bizzarro che mi porta spesso ad iniziare una nuova lettura dal fondo, sbirciando sull’ultima pagina. Cosa trovo? L’autrice che si rivolge al lettore in tono confidenziale: Caro amico, spero che il mio viaggio ti abbia fatto venir voglia di viaggiare (…) Un libro è l’unico mezzo di trasporto che costa poco ma può portarti ovunque (…) In questo giro intergalattico fuori di me e dentro di me, ho imparato a non essere più troppo selettiva con le mie letture (…).
Così comincia la mia di lettura, in qualche modo pilotata dall’attesa curiosa. Dove mi vuoi portare, cara scrittrice-collega?
Risposta: a casa, nella mia vita di insegnante-genitore che sono ora, nel mio rapporto con la lettura. Ma anche ad avere prospettiva nel guardare ai rapporti tra bambini, che poi saranno adolescenti.
Chi legge questa storia viaggia insieme a Filù, e anche se non sarà il viaggio intergalattico della protagonista in fantomatici pianeti (quello senza grammatica, quello senza colori, quello dove si va di fretta o quello dove puzza e disordine fanno pensare a una immensa discarica), avrà vissuto almeno una volta nella vita in uno di questi scenari: ogni volta che abbiamo dovuto scansare l’indice puntato di chi ci giudica; ogni volta che corriamo chissà dove chissà perché perdendo il senso delle cose – nel pianeta della fretta a Filù viene fatta questa domanda: Sei appena arrivata? Allora sei già in ritardo! – una frase fulminante per milioni di noi contemporanei, di tutte le età. Ogni volta che stiamo troppo attenti alla grammatica della lingua, e poco attenti a quella dei gesti e delle emozioni. Ogni volta che, infine, sottovalutiamo le parole, quando parliamo o quando leggiamo, e perdiamo l’opportunità di avere una rivelazione, perché quel vocabolo, sentito tante volte, in un momento particolare ci rivela un significato mai considerato prima.
L’avventura intergalattica di Filù Filù è una rivoluzione del punto di vista: siamo abituati senza saperlo a convivere con le nostre idee fisse riguardanti gli altri e noi stessi, e siamo disabituati a cogliere negli altri barlumi di cambiamento, rinunciando anche a credere che questo cambiamento, sorpresa, potrebbe cominciare da noi. È una delle conclusioni cui giunge la protagonista, quando pone all’alieno di vetro la domanda: <<Quindi sono io a dovermi aprire, se voglio che gli altri mi possan scoprire?>>
La risposta accompagna il lettore alla fine di questo cammino interplanetario.
Grazie del viaggio, maestra Marzia. Grazie per avermi fatto rivedere il bambino di una volta, con le sue stranezze e le sue paure di non essere accettato. Grazie per darmi l’opportunità di leggere una bella storia a mio figlio, che forse scoprirà con Filomena come si possa essere originali, e diversi, e incompresi, e belli in mezzo agli altri. Grazie ancora, collega. Amica carissima.
Prof. Alberto Puri
Insegnante di Lettere I.C. Montalto di Castro