Arriva la convocazione in tribunale per le partecipate. E si moltiplicano le domande.
Perché spendere soldi per aprire la farmacia alla stazione con lo spettro del fallimento?
Cozzolino, dica trentatre. Anzi, ventitre perché proprio il 23 novembre è la data stabilita per chiarire una volta per tutte la fine dei concordati che avrebbero dovuto salvare le partecipate comunali. Se poi la terminologia clinica spicca in testa a questa serie di domande, è per un motivo ben solido e contraddistinto dalla croce verde: l’apertura della farmacia comunale alla stazione ferroviaria, che se potrebbe essere una pagina di servizi pubblici offerti alla cittadinanza, avviene con un momento e in circostanze che su di essa lasciano stagliare ombre inquietanti.
La parola del giudice sui quattro concordati, attesa in settimana, potrebbe presumibilmente avviare al fallimento Hcs. Di praticamente certa c’è la bocciatura e la cocente sconfitta di un’amministrazione che ha speso due milioni, e un anno di tempo, per non risolvere nulla. Il fatto è che in questo lasso di tempo qualcosa è avvenuto e qui occorre chiamare in causa la farmacia nuova di zecca, anzi di stazione. Con qualche domanda, se il sindaco permette…
Primo punto: quanto è costata in tutto l’operazione di apertura in viale della Repubblica e come sono stati pagati questi soldi? Secondo punto: stante il fatto che i flussi dei pendolari sono concentrati la mattina prima delle 8 e che invece la farmacia apre alle 8.30, c’è la possibilità di procedere ad un’apertura h24 che sarebbe il vero servizio di una farmacia del genere? E se no, perché? Terzo: si è valutato adeguatamente di valorizzare i punti già esistenti, con particolare riferimento alle farmacie comunali di piazza Calamatta o viale Matteotti, più agevolmente raggiungibili dalla cittadinanza? E se no, perché? Quarto: avranno mai i cittadini di Aurelia la speranza di vedere lo status della loro farmacia regolarizzata? Ci sono o no altri popolosi quartieri sprovvisti di questo servizio? E se sì, perché?
Quinta, ed ultima: Palazzo del Pincio ha stabilito di investire dei soldi mentre era davanti a un bivio. Chiedere ai fornitori ed ottenere da loro di dilazionare a babbo morto i pagamenti, oppure non riuscirci. In entrambi i casi, la spesa pare non valere l’impresa, a meno che gli stessi fornitori a cui si chiede di dilazionare non siano disposti intanto a rifornire la nuova farmacia, che sarebbe un caso più unico che raro… e la domanda, perciò, è sempre quella: perché?
Cose importanti da capire, se davvero si vuole una “cura”, che non sia invece una… curatela fallimentare. A tal proposito, il “paziente” Cozzolino si prepari alla prossima domanda, da rivolgergli tra una settimana: e adesso, che si fa?