È il regolamento europeo 2283/2015 sui nuovi alimenti – o novel food – ad aprire la via al commercio, dal 2018, di insetti commestibili anche in Italia. Lo scetticismo c’è ed è normale. Ma questo può essere un valido aiuto nell’affrontare alcuni dei problemi che presto il genere umano si troverà a fronteggiare. “La popolazione nel mondo è in crescita continua e le risorse sono limitate – ha spiegato la professoressa Anna Maria Fausto, pro-rettrice ed entomologa dell’Università degli Studi della Tuscia – per questo dobbiamo iniziare a guardarci intorno e cercare cibi che abbiano dei requisiti che permettano di risparmiare energia, impattare di meno sull’ambiente e, allo stesso tempo, avere un alto valore nutrizionale confrontabile con quello della carne”. E poi è stata la FAO, per prima, con il programma “Edible insects” a promuovere la diffusione dell’entomofagia, cioè la pratica di mangiare insetti. Nel mondo già lo fanno due miliardi di persone, principalmente in Asia, Africa e America Centrale. Ma non basta. Se le cose andranno come stima la FAO – cioè la popolazione mondiale raggiungerà i nove miliardi entro il 2050 – gli insetti potrebbero diventare un’importante fonte di cibo. Ma cosa hanno di particolare? Sono ottimi dal punto di vista nutrizionale – hanno moltissime proteine, acidi grassi, sali minerali e vitamine – ma anche dal punto di vista ambientale: un allevamento di insetti, infatti, ha molto meno impatto rispetto a un allevamento di ovini o bovini. Il consumo di insetti, comunque, non riguarderebbe solo gli uomini ma, ovviamente, anche gli animali, ai cui mangimi potrebbero essere aggiunti insetti o derivati dagli insetti. Le difficoltà, però, ci sono e non è tutto così lineare. Ci sono, intanto, i blocchi ‘’psicologici’’: ‘’Non siamo abituati a pensare gli insetti come cibo – ha confermato la Fausto – l’utilizzo va principalmente verso prodotti derivati dagli insetti, farine in modo particolare”. Comprensibile: una pasta fatta con gli insetti non ha lo stesso impatto emotivo di un insetto intero. Ma le difficoltà sono molte di più di quelle solo legate alla nostra emotività: anche le metodologie di allevamento e di controllo sono più complesse di quel che sembri. Insomma, di strada da fare ce n’è tanta. ‘’In Italia, in questo ambito, siamo ancora indietro rispetto al resto d’Europa, ma abbiamo le potenzialità per metterci in pari e non perdere importanti opportunità’’. E iniziare ad ampliare le nostre menti.