Furono scoperte nel 1901.
Nel Comune di Tolfa lungo la Via del Bagno è possibile osservare, sul muro di una casa, due simpatiche epigrafi, riportanti ciascuna un proverbio. Furono scoperte casualmente nel 1901, durante il restauro dell’abitazione che fa parte di un palazzo del XVI secolo. La prima reca il detto “SERVO SE FA CHI SUO SECRETO DICE”, con incisi due draghi intrecciati per le code, risalente al XVIII-XIX secolo, la seconda riporta un gioco di parole o paradosso, infatti vi possiamo leggere “CHI VOLE ACREDENZA NON VENGA QUI HOGIE NON FO CREDENZA DOMANI SI” e la data dell’anno 1537. Si tratta di due citazioni, la prima è un aforisma del filosofo Francois de La Rochefoucould contenuto nelle Memoires del 1653, anche se a sua volta deriva da un’ errata interpretazione (N. Alessandro,Theologia dogmatica, 1767) di un passo di re Salomone, contenuto nell’Antico Testamento della Bibbia, “Secretum tuum externo ne reveles ( Proverbi 25:9 ) ”. La seconda invece riporta, testualmente tradotto, un passo del grammatico Varrone (116-27 a.C.), “Cras credo, hodie nihil (Satire menippee, fr. 78/79) “. Nel tempo questi aforismi di letterati, attraverso le lezioni dei parroci e la transumanza pastorale, lungo l’ Appennino, diventarono detti della saggezza popolare, tipici della Maremma contadina tra Toscana e Lazio. In particolare ebbero diffusione dalla metà dell’ Ottocento, come ricordano Strafforello (La sapienza del popolo, 1868) e il Luri Bassano (Modi di dire proverbiali e motti popolari italiani, 1875). Da questi proverbi furono tratti perfino dei racconti, infatti, dal primo motto, il poeta Giraud (Opere, 1842), vi trasse la sua famosa novella della nobile che si confida con la serva, “La contessina Clementina e Francesca sua cameriera”, dal secondo nacque il racconto popolare, diffusissimo nelle campagne toscane (R.Guerrieri, Una famiglia di carbonai, 2015), della fanciulla che, girando col carretto, aveva appeso un cartello con scritto “oggi non si presta domani si ”.Questi motti, erano generalmente usati nelle antiche botteghe, per intendere che non era ammesso il credito oppure che il debito andava pagato. Quindi è verosimile che i proprietari tolfetani che appesero le nostre, dovevano essere commercianti di allume o bottegai e oggi testimoniano quell’ arguzia e saggezza popolare di un tempo ormai scomparsa.