E’ ormai un mantra delle donne: “Che fine hanno fatto gli uomini”? Dopo la caduta del mito del Principe Azzurro bello, raffinato e elegante che sul cavallo bianco viene a salvarle e a sposarle rendendole felici e dopo l’oblio dei tempi che ha cancellato il mito dell’uomo Eroe forte e coraggioso che affronta battaglie e uccide draghi e mostri per liberarle dalla torre in cui sono segregate, cosa rimane nell’immaginario collettivo della figura dell’uomo? Oggi viviamo tempi di decadenza, di rumore e di confusione, così anche i miti diventano opachi, grotteschi e caricaturali. Nella ricerca spasmodica del nuovo e di identità che ci facciano riconoscere e appartenere a qualcosa, il Principe e l’Eroe, dagli anni ’70 ad oggi, hanno lasciato il posto all’alternativo e al palestrato. Negli anni della contestazione l’alternativo era “un figlio dei fiori” dedito all’alcool, alle droghe e alla ricerca di spiritualità orientaleggianti e inneggianti l’amore e la pace. Dopo vari passaggi verso l’emancipazione sessuale e il riconoscimento dei diritti omosessuali si è arrivati oggi alla cultura e alla moda transgender, che indica un atteggiamento sociale e sessuale che combina caratteristiche del genere maschile e di quello femminile, senza identificarsi interamente e definitivamente in nessuno dei due. In contemporanea al percorso dal mito del macho italiano eterosessuale verso l’accettazione dell’omosessualità fino all’androgino transgender di oggi si è ricercato anche il contatto con la natura e con il cibo biologico prima e vegano dopo. Oggi abbiamo giovani uomini che fanno cerette, si riempiono di piercing e tatuaggi, fanno la lampada, vanno in palestra, si ricoprono di creme e si truccano, mangiano vegano e si vestono transgender. Un altro filone di uomo alternativo è chiamato “Hipster”. Il termine, naturalmente, viene dagli Stati Uniti, in italiano talvolta tradotto come “giovani anticonformisti” o “alternativi”, indica una cultura composta da giovani bohemian della classe ricca e media che risiedono principalmente in quartieri emergenti. Questo genere di cultura è ampiamente associato alla musica indie e a quella alternativa, con una variegata sensibilità alla moda alternativa e ad una predilezione per la politica progressista ecologista, per i cibi biologici e slow food, l’artigianato e gli stili di vita alternativi, in maniera simile alla cultura hippie, ma meno radicale. L’Hipster è insofferente del conformismo sociale e dedito a uno stile di vita fondato sulla libertà delle scelte e sulla riscoperta dell’interiorità individuale. Ma questo è il presente, sono le icone delle nuove generazioni. Tutto il mondo globalizzato, culturalmente parlando, si sta orientando verso la promiscuità, l’androginia e la libertà di espressione. In mezzo tra il passato e il presente c’è una generazione di uomini, tra i 40 e i 55 anni, che provengono dalla cultura del passato, incentrata sul mito dell'”uomo vero”, dell’eterosessuale che crede nella famiglia, nella patria e nel lavoro, ma che non hanno più un tessuto sociale su cui appoggiarsi e una tenuta nell’immaginario collettivo. Oggi questi valori sono crollati, questa mentalità è percepita come obsoleta e noiosa e dalle nuove generazioni, i loro figli, catalogata come “il sistema da combattere e da cui emanciparsi”.
Ed eccoci arrivati al problema delle donne di questi tempi. O hanno a che fare con uomini dalla mentalità virile ma vecchio stampo, e quindi fragili, insicuri, deboli socialmente e incapaci di confrontarsi con l’emancipazione femminile e i nuovi costumi o con Hipster, transgender o alternativi sensibili, naturisti e naturalisti, vegetariani o vegani tutti presi dalla conquista della propria interiorità e a combattere la classe dominante che non li capisce e ruba loro salute, tempo e libertà. Comprendo la difficoltà e il disorientamento dei tempi moderni e rimango affascinato da questi fenomeni di massa e dalle manipolazioni dei creatori di moda, ma preferisco restare collegato con me stesso, mantenere il mio giudizio critico e la mia personale ricerca della verità.
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