Sulla scellerata operazione compiuta dalla Fondazione Cariciv con la LP Suisse che è costata alle casse dell’ente la perdita, anzi la scomparsa di 19 milioni di euro (attenzione, rispetto all’importo iniziale di 25 milioni, 6 milioni non vennero recuperati, ma non fecero in tempo a partire!) abbiamo scritto tanto. Avevamo anche ricostruito quei passaggi che molti in città, ad iniziare dalla Procura di Civitavecchia, alla Guardia di Finanza, non hanno voluto credere né provare a fare luce.

Adesso però che le dichiarazioni del “pentito” Larini stanno uscendo pian pianino è il caso di ricostruire qualche passaggio a futura memoria perché, a quanto pare, finalmente si vuole far luce su una storia di malaffare dove i protagonisti non sono delinquenti abituali ma, solo all’apparenza, persone perbene e stimate in città.

I così detti colletti bianchi, che, con il loro perbenismo di facciata, per incapacità o spregiudicato affarismo, molto prossimo alla corruttela, hanno distrutto il patrimonio della nostra società, impoverendola e minandola di compromessi, ingiustizie, arricchimenti illeciti e progetti privi di etica e solidarietà verso gli altri.

Il caso che vogliamo focalizzare è sulla presunta truffa perpetrata a danno della Fondazione Cassa di Risparmio di Civitavecchia.

Presunta perché non è solo un caso di truffa, dovendosi accertare se la truffa sia stata architettata da soggetti corrotti.

La “mazzetta”, che pudicamente un giornale locale definisce provvigione (se fosse stata tale figurerebbe nei bilanci dell’Ente) sull’operazione di investimento finanziario per un importo totale previsto di 25 milioni di euro, pare corrisponda complessivamente a € 1.140.000 (diconsi un milione centoquaranta mila euro) in contanti ovviamente, “versati” per tutti gli attori che hanno partecipato a quella che, più che un’operazione finanziaria seria, sembra una sceneggiata.

Alla faccia del fisco e della Guardia di Finanza ovviamente che non potevano sapere, non potevano controllare e che avrebbero trovato, così come hanno trovato, un muro di gomma nel momento in cui avessero deciso di fare qualche controllo.

Non siamo qui a spiegare quali sono le finalità di una Fondazione, ma certo non quella dell’investitore acrobatico e questo la dice lunga sull’incapacità e sull’incompetenza degli amministratori tutti, anche di quelli che non hanno tratto profitti personali.

Chi materialmente presenta il gruppo Larini alla Fondazione?

Come si sviluppa?

Quali sono i ruoli?

Come sono stati suddivisi i compensi della così detta “provvigione”?

Dei particolari sono già noti, ma evidentemente non meritevoli di attenzione da parte delle autorità, ma noi crediamo nella giustizia e nel senso civico.

La storia, brevemente ricapitolata è la seguente.

Francesco Vinaccia, agente di assicurazioni con un passato burrascoso, introduce il suo amico, Stefano Costantini, uomo di Danilo Larini, faccendiere ticinese, ex ristoratore, molto chiacchierato a Lugano; Ceo della LP Suisse Group.

Il caso vuole che Costantini abbia un legame di parentela anche con l’avvocato Ludovico D’Amico, barbuto fedele in papillon e consigliere del padre padrone dell’Ente, Vincenzo Cacciaglia.
Nel settembre 2014 si cominciarono a buttare le basi per fare il business alle spalle degli ignari D’Amico e Cacciaglia, del resto i fondi della Fondazione si dovevano pur investire in qualche modo. Erano troppi i soldi da destinare ai civitavecchiesi.

Ecco così entrare in gioco delle volpi molto astute che fiutano l’affare.

La freccia di Larini, il fido e grigio Costantini, comincia a tessere la tela con il compare Vinaccia. Del ruolo dei due non è dato sapere: non si sa chi confezioni il prodotto finanziario e chi si occupi dei compensi, o meglio, delle “provvigioni”.

Il prodotto finanziario da utilizzare, sotto forma di polizza assicurativa emessa da Nucleus Life (minuscola compagnia del principato del Liechtenstein) viene presentato alla corte di Don Ciccio Cacciaglia con la promessa di un interesse certo e garantito del 6,50%.

Un mucchio di soldi di interessi che andrebbero a garantire i grassi compensi promessi ai sodali della Fondazione.

Si decide che è tutto regolare, che tutto potrebbe andare bene ma qualcuno deve pur controllare, verificare che sia tutto a posto.

La fondazione delega il consigliere interno con le relative competenze, il fu volpino Patrizio Fondi (oggi unico indagato, dicono), a Civitavecchia fin troppo conosciuto per la non laurea e perché scaltro affarista ma dal cognome degno di un investimento importante: FONDI.

In una lettera anonima, che da mesi circola in città, ma che non pubblicheremo fino a quando l’Autorità Giudiziari non avrà svolto i doverosi accertamenti, si legge che Fondi sarebbe partito per Vaduz per contatti con la Nucleus, ma non avrebbe verificato nulla: per lui Nucleus non è una compagnia ma un dato fisico. La sua unica preoccupazione sarebbe stata quella di pattuire il suo compenso secco ed ottiene il 3% su ogni operazione conclusa da quel momento in poi.

Il suo compenso?

La bellezza di 570mila euro tassativamente in nero, pagamento contanti o carte ricaricabili svizzere o lussemburghesi ovviamente.
(Fonte: www.etrurianews.it)

Come si svolge la squallida operazione?

Sempre l’anonimo, ma le voci che circolano in città vanno nella stessa direzione, ne fa la storia. Alla consegna ci penseranno in due elementi, già noti alle cronache e i cui nomi sarebbero agli atti dell’indagine svizzera.

Si tratta di Vinaccia e Costantini, e per loro ci sarebbe stata una bella stecca, pardon “provvigione”: il 2% all’uno ed il 3% all’altro,. Soldi dei civitavecchiesi ovviamente, mica da quelli della LP Suisse o di Danilo Larini (un vero e proprio morto di fame vestito a tutto punto).

Facciamo il conto: il prodotto deve garantire il 6,50% alla Fondazione. Poi il 3% a Fondi, il 2,0% a Vinaccia e il 3% a Costantini. Totale 14,50%.

Un prodotto cauto e senza rischi avrebbe quindi una resa complessiva del 14,50%?

E Larini che fa, non ci guadagna?

Ma sì un bel 4% anche a lui poverino.

Alla fine siamo arrivati al 18,50%. Strepitoso. Da non credere. Un’operazione da premio Oscar della finanza per una polizza assicurativa con rendimento e capitale garantito.

Ci siamo, i controllori partiti da corso Centocelle hanno verificato attentamente, esiste un prodotto con performance del 18,50%, meraviglioso.

Si può procedere e anche il più rapidamente possibile. Così si decide che è talmente conveniente che non bisogna diversificare come recita lo statuto della Fondazione. I soldi della Fondazione li danno, in più trance nelle mani del truffatore Danilo Larini. Dunque i complici si compiacciono del loro lavoro, la cricca è unita e compatta.

Sono tutti ospiti di Larini con le loro consorti presso Hotel Castagnola di Lugano dal 15 al 18 ottobre 2015.

Tre giorni a mille euro a notte. Servizio completo di ogni confort e regalini alle soddisfatte mogli presenti con l’allegra brigata.

Non vogliamo riprendere altri passaggi dello scritto, che danno per certo che qualcuno, meno sprovveduto di Cacciaglia, avrebbe capito tutto e avrebbe preteso di partecipare al banchetto. Ci sarà modo e tempo per ritornarci.

Don Ciccio Cacciaglia, ignaro della cricca, ma avido di notorietà e tardo, molto tardo in materie finanziarie, capisce che in quel gruppo i soldi girano tanti, pensando e sbagliando ovviamente, che quei soldi siano della LP Suisse (invece erano i suoi) chiede qualcosa e fa organizzare un mega evento su Cultura e Turismo. Un’alleanza possibile per la crescita del territorio si leggeva. Dunque il giorno 5 novembre 2016, presso la sala convegni dell’Autorità portuale va in scena la farsa delle farse.

Chiamano i soliti tromboni a parlare dell’ovvio con la “perla” di Philippe Daverio. Lo storico con la farfalla che ama Tarquinia ottiene un compenso di 9mila euro.

Ovviamente buffet per tutti, paga Danilo Larini che in quella giornata ottiene il massimo dal lecchino professionista Cacciaglia il quale, da questa giornata, ottiene il massimo in “pubblicità-progresso”.

Oltre Daverio va pagata la televisione dove lavora la figlia di Cacciaglia; per la circostanza e ci pensa Mecenate Tv che ottiene un compenso di 4mila euro. Tanto paga sempre Larini con i soldi della Fondazione Cariciv.

E’ uno dei pochi casi dell’informazione giornalistica dove i cameraman partecipano ad un evento e vengo pagati per fare informazione (solo loro ovviamente).
Mai visto che una tv venga pagata per intervistare qualcuno.

A parte le dichiarazioni di facciata, la Fondazione non potrà mai recuperare i suoi soldi; le tracce si perdono in paesi lontani, del resto Danilo Larini era ben organizzato. Ha fatto il carcere ma, appena scontata la pena, si godrà una vita da nababbo con i soldi della Fondazione Cariciv.

Non siamo garantisti a corrente alternata, le voci, l’anonimo dovranno essere sottoposti al vaglio della magistratura. Fino ad allora i protagonisti debbono essere considerati non colpevoli. Un dubbio ci resta. In materia siamo non meno tardi di Don Ciccio Cacciaglia, ma è lecito chiedersi il motivo per il quale la Fondazione, essendo stato sottoscritto a Civitavecchia – da dove pure sono partiti i soldi – un contratto che non avrebbe firmato neppure la casalinga di Voghera, non abbia proposto alla locale Procura della Repubblica denuncia per truffa contro ignoti subito dopo l’arresto di Larini.

E cosa aspetta a farlo ora? Avranno o no il diritto i civitavecchiesi di sapere se i loro soldi siano stati spesi con oculatezza e se il loro denaro sia finito nelle tasche di spregiudicati rappresentanti dell’Ente e non per il procacciamento di affari, nella migliore delle ipotesi, o di un manipolo di truffatori?

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