(segue dall’edizione precedente)
Ecco i nomi delle povere donne uccise barbaramente dal criminale seriale: Francesca Pecoraro, Nunzia Pafundo, Giovanna Bicchi, Addolorata Benvenuto, Maria Corda uccisa nel marzo del 1986, Maria Galfrè uccisa nello stesso mese del medesimo anno, ad aprile, tocca a Laura Belmonte, poi a Clelia Mollo, ammazzata nel maggio del 1986. L’ ultima donna, Maria Rosa Paoli, è stata assassinata il 28 giugno del 1986, sembra che fosse l’ unica donna sotto i quarant’anni e di bell’aspetto, risultata anche affiliata ai “Nuclei armati proletari”. Da quanto è emerso dalle indagini, quest’ultima, sarebbe stata uccisa con due colpi di pistola calibro 22, a seguito di una lite dovuta a motivi economici ed il suo cadavere, nascosto nella boscaglia, vicino al cimitero di Santhià, nella provincia di Vercelli. Mentre Giancarlo Giudice, veniva successivamente fermato dagli agenti della polizia stradale nel momento in cui stava compiendo atti di autoerotismo appartato in luogo pubblico. Nell’occasione, i poliziotti, notarono il sedile della sua auto macchiato di sangue ed uno straccio pure intriso di sangue, risultato poi della Paoli, che era stata uccisa poco prima. Nella circostanza, gli agenti, rinvennero inoltre nello stesso veicolo, due pistole e numerose cartucce.
Dal successivo sopralluogo effettuato presso la casa del serial killer, gli inquirenti si trovarono di fronte ad un particolare stato di degrado, abbandono e disordine: costretti letteralmente a camminare su di un tappeto di riveste pornografiche.
Giancarlo Giudice, “Il mostro di Torino”, colui che aveva creato terrore tra le prostitute delle strade del torinese, venne condannato in primo grado all’ergastolo, per poi ottenere la riduzione della pena a trenta anni, più altri tre di ricovero presso il manicomio psichiatrico criminale di Reggio Emilia.
Nell’anno 2008, si perde ogni traccia di Giudice, che dopo la notizia divulgata dai media relativamente alle sue dimissioni dall’ospedale criminale, indiscrezioni, a protezione della sua privacy, lo davano genericamente ospite presso una comunità terapeutica delle strutture sanitarie del territorio, spegnendo di fatto i riflettori precedentemente accesi sul caso Giancarlo Giudice.
Dopo la storia, il via alle conclusioni e come sempre, anche se alcuni cenni sulla personalità del criminale in esame li ho già forniti, vediamo di ricostruire brevemente, il suo criminal profiling.
Dagli elementi in mio possesso, posso sicuramente affermare, che il modus operandi di Giancarlo Giudice, è del genere disorganizzato.
Infatti, egli ebbe ad agire come capita, per così dire, alla bene in meglio, oserei dire, con sfrontatezza, senza preoccuparsi minimamente di ripulire le sue scene del crimine ed occultare eventuali tracce. Lo dimostrano tra l’altro, l’auto con il sedile e l’indumento intrisi di sangue, posti alla possibile vista di chiunque, l’autoerotismo commesso nella stessa occasione in luogo pubblico, le pistole e le munizioni trasportate tranquillamente sulla stessa vettura, subito dopo aver ucciso, lo stato di disordine in cui è stato rinvenuto il suo appartamento al momento del sopralluogo giudiziario e le riviste sparse in terra, le quali supportano inoltre la tesi di possibili parafilie e tendenza alla perversione.
Vediamo ora quali possono essere le motivazioni che possono aver indotto Giancarlo Giudice al suo agire.
In parte l’ho già ipotizzato durante l’escursus del mio trattato. Senza dubbio, la difficile e travagliata infanzia e adolescenza di Giudice, hanno avuto un ruolo fondamentale nella formazione negativa del carattere del Giudice adulto.
Ne ho fatto cenno anche in altri miei interventi, l’importanza della famiglia e dell’educazione primaria, sono fondamentali nella formazione dell’io interiore della persona e di ciò che questa sarà e di quello che sarà il futuro adulto.
(segue nella prossima edizione)