I serial killer. Donato Bilancia, detto il mostro dei treni ed il serial killer delle prostitute (9^ parte)
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Questo per dire, che è giunto il tempo anche per il nostro serial killer, in cui il cappio intorno a lui, si sta stringendo sempre più, ciò anche a seguito dei molteplici e frequenti omicidi e degli identikit, redatti secondo la ricostruzione dei tratti somatici fornite dal viado Juli Castro e dalla prostituta Luisa Cimminelli, il primo scampato alle grinfie del criminale ed ai suoi colpi di pistola, poiché riuscito a scappare, la seconda graziata per probabile compassione.
Finalmente, gli investigatori hanno ora anche un motivo in più, che non è certo da sottovalutare, per indagare e sospettare di Bilancia, anche se forse avrebbero potuto arrivare prima al criminale, tuttavia dribblati dalla sua scaltrezza, o forse meglio, dalla sua imprevedibilità. In particolare, ad un suo amico, Pino Monello, ex proprietario della Mercedes, acquistata dallo stesso Bilancia ed utilizzata da quest’ultimo per quasi tutti gli spostamenti necessari a raggiungere le zone dei suoi crimini, in quanto non formalizzato il cambio di proprietà, continuano a pervenire numerose multe a seguito di violazioni alle norme del Codice della Strada. A tal proposito, a seguito della denuncia sporta dall’uomo, i carabinieri si accorgono, che guarda caso, le violazioni erano state commesse proprio nei luoghi o comunque nelle immediate loro vicinanze, ove erano stati commessi la maggior parte dei crimini.
Ormai sulle sue tracce, l’epilogo finale avviene il 6 maggio, quando viene arrestato a seguito del rinvenimento del suo DNA su una tazzina da caffè in un bar, corrispondente a quello tipizzato sulla scena di un suo crimine.
Bilancia non oppone resistenza e solo due giorni dopo la sua cattura, quasi in un una sorta di sfogo, non si risparmia di confessare al P.M. tutti i suoi crimini, compresi quelli per i quali gli inquirenti non avevano ancora avuto alcun sospetto nei suoi confronti, dichiarando che nella sua mente, tutto sarebbe scaturito, compreso soprattutto quel desiderio incontrollato di uccidere, dal momento del tradimento di Maurizio Parenti, quello che credeva fosse l’amico fraterno.
Aggiungendo, con estrema naturalezza, come a voler giustificare il suo agire criminale: “Quando nella bisca ho colto la frase di Maurizio che diceva “hai visto che sono riuscito ad agganciare Walter”, “nella mia testa è successo un macello e ho subito pensato: questi qui ora li debbo uccidere…”….”poi qualcosa è successo da un momento all’altro, non è che uno si sveglia alla mattina e dice: “va be’, oggi mi cerco un’arma e vado ad ammazzare qui e là”.”
Ed ancora, dalle sue parole: “Sono lì sul divano che sto guardando la TV, mi alzo, vado a uccidere una donna su un treno. Perché? Non posso rispondere. Io ricordo tutto, momento per momento, però sul perché non posso rispondere “.”Non ero io quello, non sento la responsabilità. Era come se, guidando un’autovettura, fossi finito sulla pensilina di un autobus e avessi ammazzato 15 persone. Questa è la sensazione che sento”.
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