I Serial Killer. Gaio Giulio Cesare Germanico, conosciuto come Caligola (4^ parte)
(continua dall’edizione precedente)
Si narra che ben presto riuscì ad accumulare nuovi tesori e così come nel personaggio del fumetto di Walt Disney, Paperon de’ Paperoni o Paperone, un soggetto avido e scostante, che arrivò circa 1900 anni dopo, Caligola, isolandosi dal resto della comunità, cominciò a rotolarsi tra le monete d’oro e d’argento accatastate in quantità in una grande stanza; si racconta inoltre, che con frequenza, fosse divenuto vittima di deliri, sbalzi di umore, psicosi ed ossessione.
Caligola era ora pervaso dalla follia più estrema, era divenuto uno spietato e crudelissimo sanguinario, che si divertiva a studiare le espressioni più orride ed intimidatorie, con il puro scopo di impaurire chiunque si fosse trovato innanzi alla sua persona.
Uccideva decine e decine di persone, dopo averle condannate a morte senza un giusto motivo, replicando non di rado la condanna a morte dello stesso soggetto, non rammentando che questo fosse stato già precedentemente giustiziato.
Ma il suo livore e piacere, era nel fare assassinare le sue vittime, arrecando loro le sofferenze il più atroci possibili, provocando in esse una lunga e quanto mai estenuante agonia. Gli aguzzini ai suoi ordini e seguendo il suo insegnamento, praticavano sul corpo dei condannati tante piccole ferite, in una sorta di lunga tortura, che li conduceva, tra stenti ed enormi sofferenze, dopo ore ed ore di calvario, sino alla morte.
Questo era il modo per far sentire, per meglio dire, per far percepire chiaramente alla vittima predestinata che stava morendo, incutendo in essa, ulteriore terrore.
Poi, vi era il problema di nutrire le numerosissime belve, che venivano usate per i giochi nelle arene, che stava comportando costi elevati.
Nessun problema! Svetonio, storico e biografo dell’età imperiale romana, racconta che Caligola, dette ordine di dare in pasto alle fiere i prigionieri comuni.
Lo storico, da un vicino porticato circondato da colonne, si trovò ad assistere ai carcerati che venivano mandati a morte sotto gli ordini di Caligola, il quale, aiutandosi con l’indice della mano per indicarli ai suoi soldati, con estrema freddezza, così disponeva: “Da quel calvo a quell’altro calvo li in fondo.”
Stabilì una festa in suo onore, che cadeva il 18 di marzo di ogni anno, disponendo anche, che innanzi alla sua persona, chiunque avrebbe dovuto inchinarsi, usando vestire con una certa frequenza anche abiti femminili ed indossando vistosi monili, facendosi adorare come una divinità in vita e facendosi invocare con il nome di alcuni Dei.
Le occasioni per uccidere non terminavano, anche alla presenza dei parenti delle vittime, torturava, marchiava a fuoco e poi faceva uccidere, molti membri di famiglie aristocratiche.
Sempre lo storico Svetonio, ebbe ancora a scrivere di Caligola, che appariva oramai in preda alla più totale pazzia: “Di giorno… parlava in segreto con Giove Capitolino, ora sussurrando e porgendo a sua volta l’orecchio. Ora a alta voce e senza risparmiargli rimproveri.” “Aveva anche escogitato un’invenzione con cui rispondeva con tuoni ai tuoni e mandava lampi in risposta ai lampi: e quando cadeva un fulmine lanciava a sua volta un sasso come se fosse un dardo ripetendo ogni volta il verso d’Omero, o tu elimini me o io te”.
(continua nella prossima edizione)