I Serial Killer – Martì Ripollès, la vampira di Barcellona (3^ parte)
(continua dalla edizione precedente)
Si racconta inoltre, che la stessa Enriqueta, si sarebbe nutrita del sangue e di parti del corpo dei bambini da lei uccisi, convinta che questi elementi, in particolare il sangue, le avessero consentito di rimanere eternamente giovane. In proposito,
appare opportuno richiamare l’affinità con la Contessa Elisabetta Bathory, soprannominata la Contessa Dracula o Contessa Sanguinaria, precedentemente trattata su queste stesse pagine e che agì tra il 1585 ed il 1610 nel nord-est dell’Europa. Tuttavia, come sempre, ogni storia ha un termine. Le sue attività, rimaste sino ad allora impunite, videro l’insurrezione della popolazione, che accusò la polizia e le istituzioni, di incapacità ed indifferenza nei confronti delle orride vicende che oramai stavano emergendo. Una bambina fu poi vista da una donna, affacciarsi ad una finestra della lussuosa e grande casa di Calle Poniente, n. 29, ove abitava proprio la Martì, la quale era risaputo tra la popolazione, non avere figli, suscitando nella donna molteplici perplessità, che la portarono a decidere di avvertire la polizia.
La stessa polizia, reticente in precedenza, fu costretta comunque ad intervenire anche perché in questa circostanza non sarebbe possibile fare diversamente: la bambina sembra fosse stata la figlia di una persona nota e che occupava una particolare posizione in città, sparita nel nulla qualche giorno prima.
Questa volta, la polizia fu obbligata ad intervenire, irrompendo nell’appartamento segnalato e rinvenendo al suo interno due bambine, con la testa rasata. Martì si giustificò, asserendo che una di esse sarebbe stata la propria figlia, anche se successivamente, smentita dal suo ex consorte, mentre l’altra, una semplice orfanella trovata in strada ed a suo dire, salvata ed accudita.
Alla polizia però, non sfuggì di notare che le due bambine erano molto spaventate, procedendo per questo a fare loro alcune domande, riscontrando immediatamente, che i loro nomi erano diversi da quelli originali, ed imposti dalla stessa Martì.
Nel proseguo delle indagini, le bambine riferirono alla polizia numerosi altri particolari, tra i quali, di essere state ingannate dalla donna, che per rapirle, le aveva attratte nella sua casa, con la scusa di far vedere loro un gatto, passando poco dopo, dalla forma gentile e cortese, alla cattiveria e perfidia più pure ed assolute.
Le bimbe, raccontarono inoltre di aver approfittato di un momento di assenza dalla casa della donna, per aprire la porta di una stanza a loro sempre vietata, dove un altro bambino, era stato precedentemente segregato a seguito di una punizione.
Pepiro, così si chiamava
il ragazzo. Non era più nella stanza, ma al suo posto, in ogni angolo, solo sangue ed un odore nauseabondo di carni e morte, che fece fuggire le due giovanissime ragazze, le quali dimenticarono per la paura, di richiudere la porta dietro di loro.
Le bambine continuarono il loro racconto alla polizia, riferendo che Martì, al suo rientro, accorgendosi della loro intrusione nella stanza segreta, quale punizione, le costrinse a mangiare una sorta di brodo nel quale erano immersi due piccoli piedi di bambino.
A seguito del racconto delle ragazzine e di un ulteriore sopralluogo delle forze dell’ordine, venne alla luce quella che può essere definita, senza ombra di dubbio alcuno, la casa degli orrori.
All’interno di una stanza accuratamente chiusa a chiave, venne rinvenuto il mattatoio di Martì: parti di piccoli bambini, sembra tra i 3 e gli 8 anni, accuratamente smembrate e distintamente separate e conservate.
(continua nella prossima edizione)