I SERIAL KILLER. SAMUEL LITTLE (3^ parte)
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L’acume di alcuni investigatori dell’FBI ed in particolare di un texas ranger, tale James Holland, che nel 2018, si recò da lui in carcere sospettando fosse l’autore dell’omicidio, commesso fuori dello stato, di Denise Brothers, inducono Little, pressato dalle domande, che è su una carrozzella e che forse si rende conto di essere oramai agli ultimi scampoli della sua vita, ad una sorta di collaborazione. In breve, confessa l’omicidio della donna e quasi come nei racconti della storia della vita di un anziano pensionato dagli occhi verdi, con sguardo da apparente innocente, inizia con estrema tranquillità a confessare una interminabile catena di omicidi rimasti impuniti, commessi praticamente indisturbatamente, se non interrotti di volta in volta da quelle decine di arresti, nell’arco di circa 35 lunghissimi anni di crudele attività criminale.
Tutti omicidi di donne, giovanissime donne, senza distinzione di razze e colore della pelle, ma tutte accomunate da alcune specifiche peculiarità, quali, essere prostitute, essere drogate, vivere sole e di piccoli espedienti e molto spesso, per questi motivi, collocate ai margini della società. Ragazze, incontrate qua e la, in ogni zona degli Stati Uniti d’America; ragazze, che per il loro rango, per il loro basso profilo sociale, una volta sparite, spesso nessuno reclamava e per le quali le indagini, dopo le loro morti, non venivano approfondite neanche più di tanto e ben presto archiviate, anche in considerazione, che alcuni dei loro corpi, non sono mai stati ritrovati.
In taluni casi, archiviate anche perchè il decesso delle ragazze, viene ritenuto in qualche modo collaterale alle loro attività e/o al loro stato di salute ed anche perché, le loro morti non destano particolari sospetti, in quanto come detto, avvenute in un lasso temporale molto ampio ed in un territorio geograficamente altrettanto vasto, nonché perchè uccise per mezzo di percosse che tramortivano prima le vittime, le quali poi venivano strangolate, senza che l’assassino avesse mai fatto uso di armi da fuoco o di altri oggetti offensivi, che avrebbero potuto lasciare tracce sui luoghi dei crimini.
La confessione di Samuel Little, porta a far emergere un numero davvero inquietante di vittime, si parla di novantatre donne, che sarebbero state uccise tra il 1970 ed 2005, delle quali gli investigatori di Los Angeles, ad oggi, sembra abbiano accertato e confermato, almeno 50 delle uccisioni e molte altre sarebbero ancora in attesa di convalida. Così come nel caso di Donato Bilancia, serial killer tutto italiano, deceduto per aver contratto il COVID, Little muore in carcere nel dicembre del 2020 all’età di 80 anni, ma in questo caso, per circostanze ancora non comunicate dalle autorità del posto, e, chissà se l’orologio della sua vita non si fosse fermato, se la lista dei suoi crimini avesse avuto ancora un seguito?!
Nella sua lunga ammissione di colpa, ogni sua dichiarazione, è accompagnata da una metodica, quanto mai precisa, in ogni suo dettaglio, riproduzione a matita dei volti delle vittime, su cui, in taluni casi, lascia anche scritte alcune frasi, in una sorta di autocompiacimento narcisistico, come: “Sam mi ha ucciso, ma io lo amo”.
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