I SERIAL KILLER. SAMUEL LITTLE (6^ parte)
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Seppur tra decine di arresti per reati vari e alcuni periodi di reclusione, per quasi 35anni, riesce a scorrazzare in lungo ed in largo per decine di stati americani, facendola franca, uccidendo serialmente e metodicamente, povere donne, spesso disadattate, incontrate all’ultimo momento e dopo aver conquistato con eloquenza e astuzia la loro attenzione e fiducia, riuscendo a sviare ogni sospetto su di lui.
Appare sempre lucido, così come dai suoi racconti, che non mancano di trascurare i dettagli delle sue azioni, nonostante siano trascorsi lunghi anni, dimostrando intelligenza, un’ottima memoria fotografica, perfidia ed una sorta di pianificazione dei suoi crimini che probabilmente, è individuabile proprio nella scelta che lo ha portato a colpire donne giovani con determinate caratteristiche, commettendo i suoi crimini, in punti diversi e geograficamente molto distanti tra di loro, peraltro in un periodo, ove in America, sparivano ogni giorno molte persone e pullulavano altrettanti serial killer, come ad esempio, Edmund Emil Kemper III, il quale, a differenza di Little, ha tuttavia agito in un contesto storico quasi analogo, ma molto più ristretto, tanto che i suoi crimini, vennero commessi nell’arco temporale di meno di due anni, ed esattamente, tra il 1972 ed il 1973.
Little, è riuscito inoltre a far letteralmente sparire ed occultare tanti corpi, eludendo qualsiasi sospetto a suo carico per lunghi anni; corpi, che probabilmente, nessuno avrebbe sospettato fossero stati uccisi e tanto meno, da egli stesso, se non avesse deciso di iniziare la sua tragica rivelazione, forse solo, perché aveva compreso, che nulla di più del carcere, poteva capitargli.
Uccideva scientemente senza l’utilizzo di armi, che avrebbero potuto lasciare indizi, uccideva con la sola forza delle sua mani, quella di un ex pugile, disfacendosi subito dopo abilmente, dei cadaveri e per questo riuscendo per tutto quel tempo, a non lasciare tracce sulle numerosissime scene del crimine.
E’ proprio lo stesso serial killer, ad aver raccontato nelle sue confessioni, di aver scelto i suoi bersagli, tra prostitute e tossicodipendenti, con il preciso fine di evitare di essere arrestato e che per questi motivi, sulle sue uccisioni, non si sarebbero mai accesi i riflettori dei media.
Il suo agire, è mosso, come nella maggior parte dei casi, da molteplici motivazioni.
La prima può essere individuata nel così detto genere “missionari”, che, come oramai sappiamo, hanno nel loro scopo principale, una sorta di missione, che è quella di ripulire la società da determinate categorie di persone, che nel caso specifico, possiamo ritrovare in quelle delle prostitute e dei tossicodipendenti. Ciò, in una ipotizzabile sorta di rivalsa, in considerazione del rapporto, certamente non idilliaco, che Samuel sembra avere avuto con la mamma sin dalla sua primissima infanzia, che lui considerava una prostituta e quella che, in un modo o nell’altro, togliendosi da ogni responsabilità, lo ha scaricato, affidandolo alla nonna.
Indubbiamente poi, gli aspetti che lo portano ad appartenere ai generi edonistici e dominatori, che hanno contribuito a muovere l’agire di Little, non mancano. Trovava piacere nell’uccidere, tanto che lo faceva con estrema semplicità e naturalezza, un piacere che raggiungeva il suo apice in quello sessuale, masturbandosi, mentre prolungava l’agonia delle sue vittime. Dal potere esercitato sulle sue vittime, trovava il rafforzamento della propria forza fisica e mentale, che lo coinvolgeva a commettere continue e nuove uccisioni, tanto da pensare che le sue azioni, compensavano quell’abbandono, probabilmente fatale, subito nella prima infanzia
Per concludere, nella mia ricerca non ho trovato elementi utili che possano far riferimento al possesso, o meno, in Little Samuel, anche se certamente non sono da escludere, della presenza di disturbi mentali, come ad esempio, il delirio paranoide, o la schizofrenia, che in ambo le ipotesi, avrebbero potuto influire significativamente, sul comportamento del criminale.
Non è possibile inoltre escludere, che il criminale potesse aver fatto uso di alcol e particolari droghe stimolanti, quali ad esempio, cocaina ed eroina, ma anche cannabis, che potrebbero avere esercitato un’azione determinante sul suo sistema nervoso centrale, contribuendo a ridurre il senso di fatica ed aumentando la sua aggressività, caratteristica quest’ultima, che non sembra sia mai mancata alla sua indole.
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