Se domandiamo alle persone perché mangiano la nutella probabilmente ci sentiremmo rispondere: “perché io amo la nutella”. La simpatia che ci suscita sia la nutella che la risposta ci distrae dal ragionare sul senso dell’affermazione e ci va bene così, ci ha procurato piacere. Ma proviamo un attimo a riflettere sul significato e sulla qualità di questo “amore” per la nutella. Spesso usiamo parole al posto di altre o attribuiamo loro significati che, per loro etimologia, non hanno. Dicevamo, “io amo la nutella”, ci dice molto sulla natura di questo amore. La nutella viene mangiata e ci procura piacere fisico e psichico, ma noi non diamo nulla in cambio alla nutella che, lentamente ma inesorabilmente, scompare dal barattolo. Quante volte abbiamo avuto a che fare con persone che volevano da noi attenzioni, affetto, ascolto, piacere, compagnia, favori, ecc. senza darci nulla in cambio e ci hanno lentamente svuotati? Queste persone spesso sono realmente convinte di amarci perché scambiano per amore la necessità bulimica di soddisfazione dei loro bisogni attraverso noi. Sono i così detti “vampiri emotivi” che si nutrono della nostra energia vitale per poter vivere loro a danno nostro. Un altro esempio potrebbe essere quello delle “gattare”, quelle persone che ogni mattina girano per la città con la macchia piena di scatolette di cibo per gatti e vanno a nutrire le varie comunità feline dei quartieri. In questo caso loro si prodigano per i gatti e danno loro da mangiare. Anche alle “gattare” se si chiedesse perché fanno questo risponderebbero: “perché amo i gatti”. Poiché è una bella immagine e l’azione è buona e a fin di bene ci rassicura la coscienza e, quindi, non siamo portati a riflettere sul significato di questa risposta. Ci va bene così e basta. Ma noi, invece, una riflessione proviamo a farla. Le “gattare” lavorano per preparare il cibo e spendono soldi per i gatti e dedicano loro tempo e energie. Le “gattare” danno tanto ai gatti, ma i gatti cosa danno in cambio a loro? Nulla, loro si avvicinano alle ciotoline di cibo per mangiare e poi se ne vanno. Qual è allora il ritorno per queste persone? Il fatto di nutrire i gatti, di sentirsi utili e indispensabili, di fare del bene, di compiere azioni buone, di prendersi cura di qualcosa o qualcuno, ecco il ritorno. Quante volte abbiamo scambiato per amore il nostro bisogno di sentirci utili e di accudire qualcuno? Ma soprattutto, quante volte le persone a cui abbiamo dato tanto hanno preso da noi e basta? E’ questa la dinamica della “dipendenza affettiva”, persone che amano senza essere ricambiate, che si donano fino ad annullarsi all’altro che, come il mangiatore di nutella, prende, rapina, approfitta e sfrutta per poi abbandonarci. I “vampiri emotivi” e i “dipendenti affettivi” sono persone che hanno criteri interpretativi dell’amore profondamente malati e logicamente errati. Queste persone usano la parola amore per indicare la ricerca della soddisfazione di un loro bisogno: i “vampiri emotivi” di essere gratificati, riconosciuti e nutriti affettivamente dall’altro; i “dipendenti affettivi” di gratificare, riconoscere e nutrire affettivamente l’altro. Questa dinamica d’amore malato definisce lo stile relazionale del narcisismo e della dipendenza. C’è da chiedersi, allora, cosa si intende per amore. Io credo che per amore si intenda un cerchio magico emotivo-mentale in cui due persone decidono liberamente e volontariamente di condividere un percorso di vita insieme. Le persone che si amano si cercano l’un l’altro e cercano se stessi nell’altro. Chi ama, ama dare e ama ricevere, ma soprattutto ama condividere. Per dirla poeticamente con le parole di Saint-Exupéry, l’autore de “Il Piccolo Principe”: “amarsi non è guardarsi negli occhi e desiderarsi, ma guardare entrambi verso la stessa meta”. E quale potrebbe essere questa visione comune, questa meta da raggiungere insieme se non la felicità reciproca?
www.alessandrospampinato.com