IL DECRETO LEGGE SULLA SICUREZZA INTEGRATA (Rubrica a cura del Dr Remo Fontana, Criminologo)
(Seconda Parte)
In proposito, ritengo opportuno aprire un’importante parentesi, per far capire ai non addetti ai lavori, le problematiche che affliggono il settore. Le polizie locali, come sicuramente a conoscenza di molti di voi, sono relegate ad un ristretto territorio, che in genere è quello del comune di appartenenza, ovvero di una consorzio tra più comuni. Esse risultano più che carenti di organici, in molti casi ben al di sotto del 50% di quelli previsti dalle normative di specie, mancanza di attrezzature, di mezzi e fondi economici, quest’ultimi necessari sia ad un idoneo addestramento del personale, che all’acquisto dell’armamento, quest’ultimo, demandato dalla specifica legge quadro sulla Polizia Locale 65/86, ad una mera scelta discrezionale del consiglio comunale del singolo ente di appartenenza, tant’è che in alcuni casi, tali corpi o servizi, ne risultano assolutamente privi. Per non parlare poi dell’inquadramento contrattuale della polizia locale, che è quello degli enti locali, relegandola quasi ad una sorta d’impiegato comunale in divisa, remunerato come tale e quindi in forma notevolmente minore rispetto alle altre istituzioni a valenza statale, pur richiedendo come detto, competenze sempre maggiori. Da alcuni anni, ormai, al personale delle polizie locali, non sono più riconosciute eventuali patologie e/o infortuni derivanti da cause di servizio, anche nel caso di lesioni o morte dovute ad operazioni di servizio, nonché la mancanza della sua identificazione e collocazione tra le categorie di lavoratori soggette a rischi particolari e per questo considerate usuranti e qui mi fermo, poiché ci sarebbe molto altro da aggiungere.
Tornado all’esame del Decreto sicurezza, lo stesso fa seguito ad altri analoghi susseguitisi nel tempo e che risalgono anche a parecchi anni addietro, come ad esempio, I ‘Patti della sicurezza’ nati mediante un accordo quadro sottoscritto al Viminale il 20 marzo 2007 tra l’allora Ministro dell’Interno, Giuliano Amato, il presidente dell’Anci dell’epoca, Leonardo Domenici ed i sindaci delle città metropolitane. Tale patto, fissava i presupposti in base ai quali avrebbero dovuto essere sviluppati con i Comuni italiani progetti condivisi, nel quadro di un rapporto di sussidiarietà tra gli organismi statali e gli enti locali e territoriali, in molti casi applicati solo parzialmente ed in altri, addirittura totalmente disattesi. Un altro fattore che limita le polizie locali nella loro azione quotidiana, ponendola per questo anche ad elevati rischi e certamente non di secondaria importanza rispetto alle altre problematiche, riguarda anche le modalità operative: non è consentito a queste l’accesso allo SDI. L’acronimo S.D.I., sta per indicare il Sistema di Indagine ovvero il patrimonio informativo degli Schedari Informatici del C.E.D. interforze. Strumento questo, ovviamente assolutamente indispensabile al fine di consentire di assolvere ai compiti istituzionali nel corso dell’attività di Polizia Giudiziaria e di quella di Polizia Amministrativa.