Nella giornata di ieri è stata firmata una richiesta congiunta e indirizzata alla famiglia Torlonia al fine di ottenere in prestito, per l’anno 2017-18, i dipinti della Tomba François. La lettera è stata sottoscritta dalla soprintendente all’Archeologia del Lazio e dell’Etruria meridionale, Alfonsina Russo, e dal presidente della Fondazione Vulci, Carmelo Messina, al fine di rendere nuovamente disponibile alla pubblica visione lo straordinario ciclo pittorico.

«L’indiscussa importanza storica associata all’elevato valore artistico – dichiara il soprintendente Alfonsina Russo – rendono assolutamente unica quest’opera della fine IV sec. a.C. Non dimentichiamoci, tratta di un episodio di due secoli antecedente (agli inizi del VI sec. a.C.), inerente al dominio etrusco su Roma».

«Crediamo sia giunto il momento che i nobili Torlonia – commenta il Presidente di Fondazione Vulci, Carmelo Messina – dimostrino di avere nobiltà d’animo dando a Vulci che tanto ha dato loro la possibilità di costruire attorno ai dipinti l’identità culturale di questo territorio».

«L’amministrazione comunale – aggiunge la delegata al turismo Silvia Nardi – sta portando avanti con orgoglio questa battaglia insieme alla Soprintendenza e alla Fondazione Vulci. Siamo convinti che il ritorno dei dipinti François nel loro luogo d’origine possa funzionare da volano e attrattore turistico. Gli importantissimi affreschi – conclude – ridaranno alla tomba, oltre che al parco in tutto il suo splendore storico-culturale, il lustro che meritano. Vulci è oggi, e lo sarà in futuro, punto focale su cui la nostra amministrazione vuole fortemente improntare una strategia di sviluppo turistico».

«Sono particolarmente soddisfatto – commenta l’assessore alle partecipate, Marco La Monica – nel verificare che la battaglia per il ritorno sul territorio anche solo a titolo di mera fruizione degli affreschi della tomba François abbia avuto ieri il suo momento di avvio ufficiale.

Come amministrazione siamo disinteressati a dispute tra eredi perché Fondazione Vulci non rivendica la proprietà ma un contributo alla valorizzazione del territorio, e quindi una maggiore ricchezza dei suoi abitanti, cosa che non pregiudica affatto i diritti di quelli che la magistratura riterrà di considerare i proprietari. Si tratta di una prova di disponibilità verso un territorio che tanto ha dato nei secoli passati alla famiglia Torlonia e che adesso – conclude La Monica – la stessa possa dimostrare con nobiltà d’animo di contribuire al decollo del nostro popolo».

LA STORIA

Nell’aprile del 1857 l’archeologo fiorentino Alessandro François si accorse che una fila di “annose querce” segnava il terreno in maniera inequivocabile, almeno ai suoi occhi, rivelando la presenza di una di quelle tombe che segnerà per sempre la storia della civiltà etrusca e non solo. Abbattuta la doppia lastra di nenfro (una pietra vulcanica locale simile al tufo) quello che si presentò ai suoi occhi fu di certo straordinario e le pareti, completamente dipinte, gli fecero pensare alla felice mano di Botticelli e del Perugino. Qualche anno dopo, nel 1863, i proprietari del terreno, i principi Torlonia, asportarono alquanto impropriamente le eccezionali pitture decontestualizzandole, aprendo da allora una ferita che non si è più rimarginata.

 

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