illusioni

Qual’é il ponte tra noi e la realtà esterna? Attraverso cosa interagiamo con il mondo e gli altri? Una risposta, forse la più immediata, potrebbe essere: i 5 sensi. Questo è certamente vero, ma i 5 sensi non sono oggettivi, non registrano esattamente gli stimoli che li raggiungono. La psicofisiologia dimostra, infatti, che stimoli meccanici, chimici e luminosi vengono registrati dai nostri organi di senso e trasformati in impulsi elettrici e biochimici prima di raggiungere le aree preposte del cervello e poi ulteriormente trasformati in sensazioni, decodificati e riconosciuti dopo una elaborazione cognitiva. Tutti questi passaggi e l’elaborazione finale fanno si che noi non percepiamo la realtà così com’è ma la selezioniamo e la interpretiamo. Tralasciando gli aspetti neurofisiologici della percezione che possiamo trovare in qualsiasi manuale, interroghiamoci sugli aspetti psicologici della percezione, ovvero, l’elaborazione dell’informazione, la sua decodifica e il suo riconoscimento soggettivo. Questo sistema di elaborazione avviene nella nostra mente dove troviamo la memoria associativa innanzitutto, ma anche il nostro sistema di attribuzione di significati e di valori e i criteri culturali della società cui apparteniamo. Per questo motivo vincere 50 euro al gratta e vinci per alcuni è una gioia, per altri una fregatura e per altri ancora una disgrazia. Lo stesso vale per una persona che viene chiamata per un lavoro o che si innamora. A seconda di come noi decodifichiamo ciò che raggiunge i nostri 5 sensi qualcosa può essere percepita come buona o cattiva, giusta o sbagliata, rilevante o irrilevante. Capire questo principio già fa la differenza perché smetteremmo di credere di sapere tutto e di avere delle verità e inizieremmo ad essere più curiosi di conoscere altri punti di vista e altre conoscenze e diventeremmo così più socievoli e più intelligenti. La diversa percezione della stessa realtà, per chi fa il mio mestiere di psicologo, è pane quotidiano. Ogni giorno ascolto i punti di vista delle coppie, dei genitori e dei figli, dei fratelli e delle sorelle o di colleghi sul posto di lavoro. Tutti racconti diversi e a volte anche opposti degli stessi fatti. Noi non percepiamo la realtà, la interpretiamo costruendo delle storie su di essa, storie soggettive, personali che vanno dall’orrore alla gioia e alla felicità. Questo vale anche per quanto riguarda noi stessi. Nessuno si conosce veramente, nessuno sa chi è, eppure spesso sentiamo dire: “io sono fatto così!”. In realtà ciò che sappiamo di noi è il racconto che ci siamo fatti sulla nostra vita, sul nostro passato, la nostra famiglia, i nostri amori, i nostri successi e insuccessi. Un’idea soggettiva, una storia, una rappresentazione, un’immagine mentale. Capire quest’altra cosa farebbe la differenza tra la salute e la malattia. Se solo ci rendessimo conto che le paure, le insicurezze, la depressione, l’ansia, ecc. sono pensieri, modi di pensare sbagliati per noi e che, essendo nostre quelle idee e nostra la mente, potremmo ribaltare la situazione in un attimo! Solo che il sistema culturale ci insegna il contrario, ci fanno credere sin da piccoli di essere quella cosa o quell’altra, che su di noi incombe un destino o una missione, quando, invece, sono solo le aspettative degli altri su di noi a renderci tristi e affaticati, depressi e insicuri. Per fortuna la scienza e l’età adulta ci vengono in soccorso e ci permettono di ragionare su di noi e sulla vita in modo più ordinato e razionale, espandendo il potenziale della nostra coscienza e liberandoci così dall’inganno, dall’illusione e dalla sofferenza. Questo significa lavorare su noi stessi per crescere e migliorarci.
www.alessandrospampinato.com

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