EDUCARE O INDOTTRINARE? (Rubrica a cura di Alessandro Spampinato)
Il verbo educare deriva dal latino educĕre che vuol dire “trarre fuori”. Il senso psicologico e pedagogico è di portare alla luce, ciò che è inconscio, nascosto. L’educazione di un bambino e di un adolescente, quindi, dovrebbe avere come finalità il conoscere chi è lui nella sua natura, nel suo progetto esistenziale. Il compito di un educatore è predisporre un ambiente e una relazione adatti a far emergere le qualità e le caratteristiche dell’allievo affinché lui possa consapevolizzarle e svilupparle. Al momento opportuno dovrebbe creare anche delle difficoltà su cui l’allievo possa misurarsi e in fine farsi da parte. Cosa avviene, invece, normalmente? Innanzitutto viene dato un altro significato al verbo educare, cioè quello di indottrinare! Sin da piccoli veniamo addomesticati, con premi e punizioni, ad adattarci all’ambiente familiare, scolastico e sociale.
Ci insegnano cosa è giusto e cosa è sbagliato, come ci dobbiamo comportare a tavola, a scuola, con gli amici, con i parenti. Ci obbligano a studiare certe materie su certi libri e non altro, ci insegnano a rispettare gli orari, ci gestiscono il tempo libero, spesso ci obbligano a scegliere sport e indirizzi formativi, ci proteggono dai pericoli, ci difendono, ci accudiscono per il “nostro bene”…!
La vita è un continuo indottrinamento e una costante formazione al ruolo. Tutto tende al conformismo di massa! A questo terribile gioco ci stiamo tutti perché se ci comportiamo e ci esprimiamo secondo copione non siamo soli, veniamo riconosciuti e magari abbiamo anche successo, altrimenti ci aspettano l’alienazione, il giudizio, le punizioni e la solitudine.
Il grande inganno è dunque questo, chiamano educazione, che come detto è una parola speciale, un’arte nobile e una scienza umana, ciò che, invece, è indottrinamento, addestramento al ruolo e orientamento al conformismo.
Nel mio lavoro spesso mi trovo a osservare veri e propri miracoli, quando, attraverso la psicoterapia, le persone prendono coscienza delle loro false identità sociali, quali: il marito o la moglie, l’impiegato, il dirigente, il professionista, il militare, ecc. che per tutta la loro vita hanno monopolizzato la scena della loro esistenza e si ricordano di essere delle persone, degli esseri umani, delle anime in cammino evolutivo e esistenziale.
Quando si esce fuori dagli schemi sociali e dai ruoli interpretati e ci si risente se stessi gli occhi si sgranano a stupore e meraviglia e si aprono mondi di consapevolezza che per decenni non si sono più visti, perché gli abbiamo girato le spalle per diventare come gli altri hanno voluto o si aspettavano da noi.
Una coscienza che si risveglia è una potenza, una centrale nucleare! Le persone ritornano a sognare, a sperare, a creare, ad esprimersi e a esistere veramente. L’inganno dei ruoli e dei doveri, fondati sulla paura e sul senso di colpa, non può più fare nulla, soccombe miseramente. Ho visto persone rinascere a nuova vita mandando in frantumi le loro precedenti false esistenze messe su da altri o per far piacere ad altri e, ripartendo da capo, hanno ricostruito una nuova famiglia, una nuova professione e una nuova vita sociale adatta al loro essere.
L’errore di chiamare educazione l’indottrinamento e il controllo della vita degli altri si paga o con la follia o con anni di sofferenza che si concludono con un terremoto che rade al suolo tutto!
Educare una persona vuol dire permettergli, si dalla nascita, di conoscere se stesso e la sua natura perché possa, autonomamente e responsabilmente, costruire la propria vita nell’autenticità e con passione e amore.
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