I resti localmente indicati come La Moletta o Moletta di Casalavio, sono situati alle pendici settentrionali dell’ omonimo poggio, lungo il fosso dell’ Acqua Bianca.
La presenza del mulino idraulico, atto alla molitura del grano per la produzione di farina, viene menzionata nell’ appalto del 1510, concesso a Ottaviano Da Castro, nipote dello scopritore dell’ allume della Tolfa, per la ricerca di minerali e metalli. Il mulino, dotato di macina a dischi piatti, risulta funzionante ancora nel 1786, menzionato dal Breislak e nel 1877, ricordato dal Ponzi.
Per regolare l’afflusso costante di acqua, non si attingeva direttamente dal fosso, la sua acqua, infatti, prima di cadere dalla cascatella, andava a riempire due grandi cisterne, indicate nel gergo locale con il nome di “Bicchieroni”; da qui partiva la paratia, che riversava il flusso d’acqua sulla ruota idraulica; questa muoveva così il meccanismo posto nel seminterrato dell’edificio che, tramite un asse verticale, permetteva la rotazione della pietra molare (diam. 120 cm), su quella statica, posta al piano superiore. Nel XVIII secolo il mulino subì modifiche e ristrutturazioni, le macine allora passarono almeno a un numero di tre.
Dei molinari, che gestivano in appalto la mola, sappiamo che nel XIX secolo erano gli Agostini, mentre gli ultimi gestori furono i Borghesi, verso la metà del XX secolo. Inoltre un antico cippo, testimonia che nel XVIII secolo, venne aperta una nuova fonderia, nella parte meridionale del Poggio Casalavio, in località Ara Vecchia, a volte confusa con la Moletta; l’ intera tenuta, entrò così, a far parte del servizio minerario, tale forno fusorio, fu usato successivamente, per la produzione di laterizi, fino ai primi anni’60.
G. STRACCI – SSC