LA RECITA IN AMORE di Alessandro Spampinato (2^parte)
Psicologia. L’esigenza di nascondersi dietro una maschera. Come nascono i paradossi della finzione (2° Parte)
Finché si ha vent’anni tutto questo è comprensibile e ancora accettabile. Ma con la maturità si dovrebbe manifestare l’io e non l’alter-ego. Dovrebbe essere chiaro che l’amore è comprensione, amicizia, condivisione, solidarietà, fiducia e non un bel teatrino. Dovrebbe essere altresì chiaro che l’amore è reale e non una fantasia o una proiezione mentale immaginifica. Quanto sarebbe bello incontrarsi nella verità, nella semplicità e nella genuinità delle nostre persone, amarsi nei nostri pregi e noi nostri difetti. Eppure sembra così difficile accettare l’altro e se stessi per come siamo! Spesso c’è l’esigenza di nascondersi dietro una maschera, quasi a dire: “se mi conoscesse per quello che sono veramente mi lascerebbe” o “ se mi conoscesse per quello che sono perché dovrebbe innamorarsi di me?”. E così accadono questi paradossi fondati sulla finzione. È come se qualcuno ci invitasse a cena per conoscerci e noi rispondessimo: “scusa ma stasera non me la sento di venire, però al posto mio ti mando un mio amico molto simpatico, carino e brillante con cui passare la serata…”. Gli schemi hanno anche a che fare con la cultura e le idee collettive riguardo l’uomo e la donna. L’uomo deve essere forte, capace, sicuro, brillante e divertente. Se poi mi chiede di sposarmi allora vuol dire che mi ama. La donna deve essere fisicamente bella, dolce, amabile, delicata, casta e materna. Se mi fa sentire importante e migliore degli altri allora vuol dire che mi ama. Visti così, questi criteri di valutazione del partner, forse ci viene anche un po’ da sorridere. Ma quando ci si trova coinvolti sono proprio queste cose a farci cadere nella trappola della recita. In realtà dovremmo imparare tutti a non vederci neanche in quanto maschi e femmine ma in quanto persone! Come disse il buon Lucio Dalla nella canzone disperato erotico stomp: “ma l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale!”.