Se cerchiamo qualche documento istituzionale che riporti la parola “felicità” al suo interno dobbiamo aspettare il 4 luglio 1776, precisamente a Filadefia, dove viene ratificata la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America. Prima di essa non c’è traccia, non se ne parla da nessuna parte se non per screditarla come qualcosa di effimero, ingannevole, utopistico o qualcosa per bambini e innamorati. In quasi tutti i documenti storici vengono, invece, esaltati concetti quali: il sacrificio, l’obbedienza, il rispetto, la responsabilità, l’eroismo che vuol dire morire in guerra, la dedizione a una causa, il dolore e la sofferenza. Questa è l’idea di umanità che traspare dagli scritti che provengono dal potere sia che si tratti di dittature o monarchie che di democrazie. L’uomo è asservito al potere dominate cui deve obbedire con fede, dedizione, lealtà fino al sacrificio estremo che è la morte! A proposito del sacrificio, questo concetto è tanto caro sia ai vari tipi di governo che, dopo aver depredato i beni dello Stato e dei propri cittadini chiede ad essi ulteriori sacrifici per riparare i danni, sia alle religioni che individuano in questo concetto di umiliazione e fregatura ai danni del più debole qualcosa di sacro. Infatti, la parola sacrificio è un sostantivo maschile che deriva dal latino sacrificium, sacer + facere, che vuol dire letteralmente: “rendere sacro”. Così nelle tradizioni religiose abbiamo per sacrificio il significato di: “offerta della vittima alla divinità per renderle onore o propiziarla ovvero qualsiasi offerta fatta a Dio (offrire in sacrificio al Signore le proprie tribolazioni) e anche l’offerta della propria vita per un ideale (fare sacrificio di sé)”. Ed ecco che ad una vita di obbedienza caratterizzata dall’esaltazione del lavoro, della fatica e della sofferenza si arriva alla massima espressione di santità e eroismo che è il sacrificio della propria vita a un Dio, alla Patria o a un Ideale. A questo punto ci sta bene citare Ponzio Pilato con il suo: “ecce homo!”, espressione con la quale, nel Vangelo di Giovanni (19,5), il governatore romano presenta alla folla il Cristo flagellato e coronato di spine. Come dicevo all’inizio qualcosa accade negli Stati uniti il 4 luglio 1776 dove troviamo scritto, nel Documento che li fonda, queste solenni parole: “Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità; che allo scopo di garantire questi diritti, sono creati fra gli uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qual volta una qualsiasi forma di Governo, tende a negare tali fini, è Diritto del Popolo modificarlo o distruggerlo, e creare un nuovo governo, che ponga le sue fondamenta su tali principi e organizzi i suoi poteri nella forma che al popolo sembri più probabile possa apportare Sicurezza e Felicità.” Bellissimo! Rivoluzionario! Un documento che, dopo secoli e millenni di oscurantismo e schiavitù rimette la razza umana al suo posto. La felicità è un diritto inalienabile dato all’uomo dal Creatore! Ma la cultura americana si fonda sul capitalismo e associa la felicità al benessere economico e al successo. È il famoso sogno americano e chi ha visto il film di Muccino “La ricerca della felicità” sa che è la storia di un povero papà di colore e disoccupato che raggiunge la felicità quando riesce a guadagnare il suo primo milione di dollari. Il benessere economico è solo un aspetto della felicità insieme al benessere psicofisico, che noi Europei chiamiamo “diritto alla salute”, e al bisogno fondamentale dell’uomo di creare legami e condividere. Potremmo così azzardare un completamento a questo preziosissimo documento dicendo che l’uomo ha diritto alla ricerca della felicità che è fatta dei diritti al benessere economico, alla salute e all’amore che è condivisione. Oggi questi diritti inalienabili conferiti dal Creatore all’uomo sono sistematicamente violati dalle leggi di mercato, dallo sfruttamento, dall’inquinamento dell’aria dell’acqua, della terra e dei cibi, dalla violenza, dalla solitudine e dalle guerre. Ma a tutto questo siamo autorizzati a ribellarci perché la ricerca della felicità è un diritto ma anche il fine ultimo di questa vita.