(Rubrica a cura di Glauco Stracci – SSC)

Nei giardini del comune di Santa Marinella è possibile ammirare la tomba etrusca detta delle Volpelle, così denominata
in riferimento al luogo del ritrovamento (una cava dove oggi sorge il casello autostradale di Civitavecchia-Sud). La scoperta fu denunciata il 3 aprile 1961 dal sig. Basilico Nazzareno all’ispettore onorario per la soprintendenza Odoardo Toti che si occupò
dello scavo e poi del suo recupero, avvenuto lo stesso anno, con l’aiuto del soprintendente all’Etruria Meridionale, Mario
Moretti, e il sindaco di Santa Marinella, Bruno Zampa, che ne permisero l’assemblaggio all’interno del giardino comunale.
Si tratta di una tipologia di sepolcro definito a edicola, che congiuntamente alla tomba del Bronzetto di Populonia, ne costituisce un unicum giunto ino ai nostri giorni. La tomba era composta di ventisette conci perfettamente squadrati, ma non
isodomi, il tetto spiovente fu realizzato con due lastroni di circa cm 158 x 90 x 35 per un’altezza totale di cm 210, mentre
la pianta perimetrale era quadrangolare di cm 270 x 290. I blocchi presentavano delle scanalature per consentire un assemblaggio ad incastro, la pietra impiegata risultò essere “scaglia”, una particolare roccia sedimentaria a calcare concoide proveniente dalla località di Civitavecchia detta “La Frasca” e che possiamo assimilare alla “panchina toscana”.
La tomba culturalmente era attinente alla necropoli del pagus etrusco di Castellina del Marangone e databile alla ine del IV sec. a.C. Al suo interno furono rinvenuti due oinochoai a vernice nera del tipo a “schnabelkanne” e un kylix oltre a frammenti ossei di un individuo di circa 30 anni di età. Questa tomba non fu importante solo perché la prima del territorio ad essere rinvenuta con copertura intatta, ma uno dei due oinochoai, conservato al museo nazionale di Civitavecchia, è oggi riportato in tantissima bibliografia come uno dei migliori esemplari conservati di una particolare tipologia decorativa sovra-dipinta, all’epoca ancora
in definizione, che oggi prende il nome di “Gruppo del fantasma”, così definita per la particolare figura ammantata, priva di particolari anatomici, che mostra una silhouette evanescente da non permettere l’individuazione della sessualità, come appunto un fantasma.

 

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