(continua dall’edizione precedente)
Una seconda condizione di base per la vita è il piacere. Nel pensiero comune esso è catalogato come un qualcosa in più, che non serve poi così tanto o addirittura una distrazione pericolosa e superficiale. “Prima il dovere e poi il piacere”; “il riso abbonda sulla bocca dello stolto”; “il piacere è fonte di peccato”, ecc. Ma ora vi chiedo: avete mai provato ad andare al cinema a vedere un film che sapete per certo non piacervi e annoiarvi? Oppure siete mai andati ad un primo appuntamento sapendo che la persona da conoscere palesemente non vi piace e vi è antipatica? O infine, mangereste del cibo avariato o acido? Io queste cose non le ho mai fatte. E allora perché non dovremmo provare piacere ad andare a lavorare, a mettere su famiglia e a crescere dei figli, a studiare, a imparare, a scoprire, a socializzare e a perdere tempo, magari senza fare assolutamente niente, per il solo piacere di gustarci il riposo e contemplare questo meraviglioso spettacolo che è la vita? E invece no! “devi studiare”; “devi fare i compiti”; “devi andare a lavorare”; “la fatica premia”, “ti devi sforzare e devi rinunciare alle cose futili”; “ti devi sacrificare e responsabilizzare!”, ecc… Ma provate solo per un attimo a pensare quanto renderebbe di più a se stesso e alla collettività una bambino, un adolescente e un adulto che avesse il piacere di fare quello che fa, quanto entusiasmo nella crescita e nel sapere ci può essere in ciò che si ama? Quanto migliore sarebbe questo mondo se nelle famiglie e nelle aziende ci fosse un po’ più di amore e di piacere nel fare ciò che si sa fare, invece di essere mortificati dai doveri, dalle responsabilità istituzionalizzate, dai protocolli, dalle regole, dalle circolari ministeriali, dai sistemi di sorveglianza, dai voti o dai profili di carriera, ma soprattutto dal profitto! Più scavo dentro l’uomo e cerco di capire questo mondo e più mi accorgo che è come se qualcuno volontariamente stesse nascondendo all’umanità la verità che è semplice e davanti agli occhi di tutti! Ma forse qualcuno non vuole che l’uomo sia felice e in pace con se stesso, con gli altri e con la natura e continua a distrarci con catastrofi imminenti, tasse, leggi, regolamenti e sistemi di vigilanza e controllo che non fanno altro che peggiorare lo stato di coscienza di ognuno di noi portandoci a dare sempre il peggio di noi stessi e mai il meglio. Io, comunque, consiglio ai miei lettori e ai miei pazienti e amici di lavorare incessantemente dentro di se per tirarsi fuori dalla trappola del mondo quanto più possibile, per riappropriarsi del diritto ad essere felici e persone normali, cioè capaci di amare e lavorare per il bene proprio e altrui. Questo lavoro è sempre e solo sulla nostra consapevolezza.