Da ben tre anni il nostro paese attende una legge nazionale che fermi il continuo selvaggio consumo del suolo ancora libero che ogni anno scompare sotto il cemento. Dai dati ufficiali si sono ridotti negli ultimi 25 anni del 28 % i terreni coltivati, si è devastato il paesaggio e, fatto ancora più grave, si è provocato l’aumento del dissesto idrogeologico dei territori già a rischio.
I dati delle percentuali regionali dell’ISPRA rendono evidente questa preoccupante situazione che è collegata alla continuo cambio di destinazione delle aree agricole in aree edificabili, alla devastazione del paesaggio ed in particolare al dissesto idrogeologico che sta provocando enormi danni economici e purtroppo anche vittime.
Per quanto riguarda il territorio agricolo secondo analisi del 2017 negli ultimi 25 anni la cementificazione e l’abbandono provocato dalla speculazione fondiaria hanno portato a una riduzione del 28% dei terreni coltivati e ristretto a 12,8 milioni di ettari la superficie agricola coltivata.
Coldiretti stima in 400 milioni l’anno i danni economici che il settore primario agricolo deve a questa gestione dissennata del territorio.
Roma ha perso anno dopo anno il suo prezioso “agro romano” ricco di tanti bei casali rurali e di reperti archeologici e di paesaggi storici. Un patrimonio di bellezza perduto per sempre insieme a un terreno particolarmente fertile per far posto a tanti nuovi quartieri costruiti con la legge 167, in mezzo alla campagna, e alle devastanti “compensazioni edilizie”consentite in regalo ai costruttori alleati alla proprietà fondiaria delle antiche grandi tenute agricole, ben lieta di potere realizzare maggiori profitti rispetto a quelli che potevano ricavare dalla attività agricola.
La volontà di poter costruire comunque e dovunque mai contrastata da Sindaci di Roma e dai Presidenti della Regione Lazio, per ragioni spesso di ricerca di consenso elettorale, non ha fermato l’abusivismo man mano premiato con successive sanatorie anche se su terreni vincolati dalla legge Galasso o da altre tutele paesaggistiche. Lo stesso è avvenuto per le richieste dei Comuni che volevano realizzare i loro PRG.
Infatti la Regione Lazio ha adottato dal 2007 un Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR) che ha cancellato le forti tutele dei Piani Territoriali Paesaggistici (PTP) che per Roma approvati in numero di 15.
Dal 2007 la Regione con vari passaggi e delibere di Giunta ha reso sempre più permissivo il PTPR (rinviando la sua definitiva approvazione in Consiglio al 2019) proprio con la ragione di dovere accontentare le richieste dei Comuni.
Il più esigente e distruttivo è stato il Sindaco Veltroni che ha chiesto per il suo PRG del 2008, che era ancora in itinere circa 500 declassamenti delle aree d’interesse pubblico individuate dai singoli PTP e in particolare proprio di quelle che chiedevano il vincolo di inedificabilità per valori panoramici, di visuali verso i complessi archeologici o architettonici o di propri valori di paesaggio. Ulteriori cancellazioni e modifiche di normativa sono avvenute nel 2015 ed in ultimo nel 2016 sempre attraverso delibere di Giunta. Per fortuna l’approvazione definitiva avverrà solo nel 2019 anche se è uno scandalo che un PTPR serva come continuo strumento di ricatto elettorale.
Per questa grave situazione regionale, che ritengo non riguarda solo il Lazio, non basta una legge sul consumo del suolo in quanto ancora prima va ristabilita la normativa della legge Galasso e le stesse ancora valide linee guida di tutela della 1497/39 (Decreti Ministeriali e provvedimenti regionali).
Bisogna ottenere una legge nazionale per fermare giustamente l’ulteriore espandersi del cemento ma pretendendo contestualmente la tutela nazionale del paesaggio e dei beni culturali a cominciare dai centri storici oggi sotto attacco per colpa delle leggi nazionali di incentivazione edilizia rivolte spesso a demolizioni e ricostruzioni selvagge proprio nei tessuti urbanistici storici di pregio con le leggi regionali dei “Piani Casa” e della “Rigenerazione Urbana”quest’ultima nata con lo scopo ipocrita di diminuire il “consumo di suolo”.
A Roma queste due leggi stanno determinando la distruzione dei bei villini del novecento con sostituzione di edifici con maggiori cubature e altezze e la futura possibilità di potere demolire anche nel centro storico (sito Unesco!) con una sola delibera di Giunta.
La sezione di Roma sta verificando che serve urgentemente la revisione dello stesso
Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del 2004 (modificato ben due volte nel 2016 con D.Lgs.) che non da’ garanzie sull’interpretazione degli articoli spesso prolissi e poco chiari ben diversi dalle poche chiare e valide norme delle due leggi 1089 e 1497 del 1939 del ventennio fascista, che recepivano la legge sulla tutela del paesaggio di Benedetto Croce del 1922 e che anche la nostra Costituzione impone con l’Art.9.
Questa richiesta dovrebbe essere una delle priorità del nuovo Consiglio nazionale di Italia Nostra.
Infatti alla luce di quanto sta avvenendo a Roma e nel Lazio lo stesso Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del 2004 (modificato ben due volte nel 2016 con D.Lgs.), la sezione di Roma lo sta verificando nella gran confusione nata negli stessi uffici della Soprintendenza per ottenere le tutele per il Centro storico e in particolare per i villini storici del novecento condannati alla demolizione dalle due leggi regionali del Piano Casa e della Rigenerazione Urbana, quest’ultima nata con lo scopo ipocrita di essere utile per impedire “il consumo di suolo”.
Un’ultima considerazione riguarda il danno provocato al territorio dalla continua espansione del cemento senza aver prima aver verificato la situazione di grave dissesto già evidente da anni e non aver voluto finanziare un piano nazionale di prevenzione che impedisse di edificare nelle aree a rischio di frane, di alluvioni di cavità sotterranee.
Si è affidato questo compito di mappatura, in maniera frammentaria parte all’ISPRA, parte alle Autorità di Bacino e ai Dipartimenti delle Protezioni Civili locali mentre alle Regioni e al loro Genio Civile la verifica del rischio sismico dei progetti edilizi singoli.
Questa frammentazione di competenze non ha prodotto validi risultati come è apparso evidente dalla recente importante convegno del 6 aprile scorso sul dissesto di Roma promosso da Erasmo D’Angelis, Segretario Generale dell’Autorità di Distretto idrografico Italia Centrale.
“Per la prima volta –ha dichiarato Erasmo D’Angelis, – Roma avrà l’esatta radiografia del suolo, del sottosuolo e delle acque, dei rischi naturali che nel tempo sono stati molto amplificati da una urbanizzazione a tratti senza limite né cautele e da una scarsa o assente manutenzione in aree molto fragili messe a rischio anche dall’estrema variabilità meteorologica e climatica. Sono temi molto sottovalutati e a lungo rimossi e rilevati da ingegneri idraulici, geologi, esperti di idrologia”
Dalla radiografia di D’Angelis mancano molti altri dati tra cui essenziale è la mancata verifica dello stato obsoleto delle condutture idriche (perdono ancora il 36/% della portata d’acqua) e delle condutture fognarie che stanno provocando ogni giorno pericolosissime profonde voragini in molti quartieri della Capitale.
Da questa breve esposizione dello stato insostenibile di un territorio sempre più in dissesto e che continua a perdere i sui valori culturali e ambientali identitari rendono urgente una legge nazionale sul “consumo del suolo” che però non si riduca alla sola esposizione di normative di facciata come di fatto sono anche quelle degli altri paesi europei, ma sia più complessa e faccia riferimento specifico alla immediata salvaguardia e potenziamento del reale utilizzo del territorio agricolo, alla vera tutela del nostro paesaggio, anche quello urbano, e dei suoi beni culturali.
Diventa poi essenziale la mappa delle aree a grave rischio di dissesto che devono essere da subito rese inedificabili in attesa d’interventi di messa in sicurezza ancor prima di ottenere la legge.
A cura di Mirella Belvisi, vicepresidente Sezione di Roma