“Amatissimo Papa Francesco,

Le rinnovo la richiesta di aiuto da me inviata con raccomandata il 28-07-2014 e fatta pervenire alla Sua persona per intercessione i primi di maggio 2017.

Mi permetto di rinnovare tale richiesta con modi meno discreti solo per il fatto che purtroppo da tale data Antonio ha vissuto un veloce e inesorabile decadimento fisico, che lo sta portando ad una inesorabile fine.

Antonio sta morendo.

Antonio è un devoto e osservante ragazzo di 38 anni, un Soldato dell’Esercito italiano, l’amabile marito di Maria, sua forte e presente compagna, un padre affettuoso e premuroso di due solari e innocenti bambini, Biagio e Carmen di 6 e 7 anni.

Antonio è attaccatissimo alla propria famiglia natale, anche per questo non ha reso pienamente partecipe della sua ormai inesorabile situazione sanitaria i propri genitori, di circa ottanta anni, già segnati dalla dolorosa condizione vissuta dal primo figlio rimasto gravemente menomato da una asfissia neonatale, che lo ha reso necessitante di supporto da parte di terzi al cento per cento, anche per quanto riguarda le primarie necessità vitali.

Antonio è una persona che da oltre dodici anni lotta con silenziosa discrezione e non comune dignità la battaglia più grande della sua vita, contro due nemici inaspettati ed ognuno, a proprio modo, cinico e spietato.

Il primo nemico è la sua malattia tumorale, o meglio una serie di metastasi che lo stanno ormai portando verso una fine crudele e dolorosa.

Il secondo nemico è quella stessa Istituzione che ha sempre servito e difeso con onore, ma che ora per non riconoscere le proprie responsabilità, i propri doveri e le proprie mancanze, gli volta le spalle isolandolo e privandolo, quindi, di una tutela amministrativa e della dignità di soldato, di padre, di marito, di figlio e di uomo.

Antonio, dodici anni fa, ha contratto per cause legate al servizio prestato per lo Stato una neoplasia vescicale, e questo, invece di tutelarlo, ascoltarlo e stargli accanto, inspiegabilmente attraverso tre Ufficiali lo ha minacciato di ritorsioni nel caso si fosse rivolto ad un legale per chiedere ciò che la legge gli prescriveva.

A causa di questo comportamento disumano, Antonio non si è visto riconoscere automaticamente dallo Stato tutto quanto la legge prescrivesse, bensì ha dovuto iniziare una faticosissima e dispendiosa epopea legale che, oltre ad avergli creato un enorme danno economico, lo ha anche distolto dagli affetti dei propri cari ed amici, privandolo della serenità familiare, infine, minandolo gravemente nella salute psicologica e nell’integrità fisica.

Tale comportamento omissivo è ad oggi ancora reiterato nella totale assenza di misericordia e di lealtà dallo Stato.

Ora Antonio, pur dopo dodici anni di patimenti psicologici, 35 interventi, 100 ricoveri e 5 metastasi, alla vescica, ai reni, ai polmoni ed infine al cervello e alle ossa, sta vivendo i suoi ultimi giorni, con eroica serenità e incredibile forza di volontà.

Antonio, seppur cosciente che il male lo stia mangiando sempre più velocemente, non si lamenta, non piange, non impreca né si scaglia contro alcuno.

Antonio cerca ancora di rendere questi ultimi giorni i più sereni e i più affettuosi concepibili per i suoi cari, provando, per quanto gli risulti possibile, di tenerli all’oscuro della reale sofferenza fisica alla quale la malattia lo sta sottoponendo.

Lo sforzo e l’altruismo di Antonio in questo momento purtroppo risultano vani ed inutili, visto che le sofferenze fisiche e psicologiche, per la loro entità ed intensità sono diventate evidenti anche ai due piccoli figli che con lui stanno soffrendo in silenzio.

I due bimbi, Biagio di 5 anni e Carmen di 6, stanno il più possibile accanto ad Antonio allontanandosi solo per non rendere partecipe il padre del loro pianto di sofferenza.

Antonio inizia a confidare che è arrivato ad una soglia di dolore non oscurabile nemmeno con doppie dosi di morfina.

Proprio in questi ultimi giorni Antonio è reduce da un esame T.A.C. specifico che non lascia molte speranze, evidenziando tutta una serie di nuove metastasi al cervello, alle ossa e al midollo.

Per fortuna ancora trae la sua forza vitale dalla moglie sempre presente, dai figli, da sua sorella Maria, dal suo onnipresente collega e amico Antonio Grimaldi e da tutti i colleghi accorsi al suo fianco.

Oltre al dolore fisico, Antonio sta vivendo lo sconforto e l’alienazione del fatto che tutte quelle omissioni perpetrate dalle Istituzioni hanno creato una situazione nella quale se lui dovesse morire oggi, sua moglie e i suoi due bambini non avrebbero alcuna risorsa per andare avanti.

Questo pensiero, ovvero di lasciare i propri cari in una condizione di estrema crisi emotiva, familiare e, oltretutto economica, lo sta logorando anche più che le metastasi.

E’ l’impotenza vissuta davanti ai muri di gomma innalzati dalle Istituzioni che lo stanno debilitando mentalmente, non la malattia che ormai ha imparato a conoscere e a rispettare.

Ma come accennavo prima, con non poca difficoltà, Antonio cerca per quanto gli è possibile di non esternare tale supplizio con i propri cari per evitar loro ulteriori sofferenze, bensì mostra sempre un rasserenante e rincuorante sorriso.

Sorriso amaro, visto che puntualmente ma a distanza di anni Antonio continua a vedersi riconosciute le sue richieste da vari Tribunali, i quali attraverso diverse sentenze confermano a pieno che le lotte e le richieste di Antonio erano e sono giuste e che sarebbero dovute essere evase dalle Istituzioni ben 12 anni fa in un “naturale automatismo” e non dopo anni di battaglie legali e umane.

Ultima solo in senso temporale la sentenza n 2446/2016 emessa dal T.A.R. della Campania e accettata dal Ministero della Difesa con prot. M_D GPREV REG2017 0063130 16-05-2017, attraverso la quale viene riconosciuto ad Antonio un’ elevazione dell’indennizzo relativo al suo Status di “Vittima del terrorismo”.

Ma oltre al danno la beffa.

Antonio non riesce a trovare pace nemmeno davanti a sentenze emanate dai Tribunali italiani, visto che ancora una volta il Ministero della Difesa, “inspiegabilmente”, riconosce sì l’assegno vitalizio di 500 euro invece che 260 come “erroneamente” erogato dal 2006 ad oggi, ma lo fa con la postilla di “ non reversibilità”, cosa che invece è prevista dalla legge.

Questo mette nelle condizioni Antonio di dover presentare un ennesimo ricorso contro il Ministero della Difesa, ricorso atto solo ad ottenere ciò che le Istituzioni stesse hanno previsto, ricorso che purtroppo Antonio, visti i tempi dei processi e la sua ormai critica situazione fisica, forse non riuscirà a portare a termine.

Forse è questo l’epilogo e la soluzione che le Istituzioni ricercano, vincere per sfinimento, per impossibilità economica o per morte della controparte.

Al momento, se dovesse mancare Antonio, sua moglie Maria e i suoi due bambini Biagio e Carmen non avrebbero alcun sostegno economico per andare avanti, poiché tutti i vari benefici erogati non sono reversibili, contrariamente a quanto prescritto dalla Legge.

Questo solo per dire che lo Stato, le Istituzioni e il Ministero della Difesa nemmeno in punto di morte hanno avuto l’onore, la coscienza, la dignità e l’umanità di riconoscere ad Antonio ciò che gli stessi, attraverso leggi e regolamenti hanno sancito, ovvero una assistenza e una vicinanza umana prima ancora che amministrativa.

In tutto questo Antonio, pur provato da questa sua “passione”, riesce anche a fare ciò che ha sempre fatto, ovvero cercare di aiutare gli altri.

Ha trovato la voglia, la forza e la lealtà di aiutare tutti gli altri quasi 7000 militari italiani ammalati in missione, costituendo, ad esempio, una associazione per tale fine, AssoRanger, “Associazione Operatori Ranger d’Italia”.

Con tale associazione, Antonio si è prefissato l’obiettivo di stare accanto a tutti i colleghi nelle sue stesse condizioni fisiche e burocratiche, ma che per vari motivi non hanno potuto godere del supporto umano e mediatico invece vissuto dallo stesso.

Tutto questo amore, questo altruismo e questa passione che Antonio da sempre esprime verso gli altri, ha fatto si che gran parte di coloro che lo hanno conosciuto da vicino, i suoi “amici”, si mobilitassero in pochi giorni per stargli vicino in questo momento particolarmente difficoltoso.

A questo punto mi preme rappresentare cosa vuol dire per un soldato quale Antonio è, la parola “amico”, questo per meglio comprendere i comportamenti e le dinamiche che si sono instaurate e consolidate tra Antonio e tutti noi che lo stiamo sostenendo.

Riccardo Cocciante, in una sua bellissima canzone, citava: “non dico che dividerei una montagna ma andrei a piedi certamente a bologna, per un amico in più”.

Mai versi suonarono più veritieri, mai parole furono scritte più degnamente per descrivere cosa vuol dire avere un amico in difficoltà.

Un amico rimane tale anche se passano gli anni, se succedono discussioni, se ci si perde di vista .

Un amico è un’ombra che ti sta accanto in silenziosa discrezione.

Un amico è come ogni singolo collega di Antonio che, anche dopo molti anni, anche a migliaia di chilometri di distanza, vuole stare accanto al suo fratello in difficoltà.

Un amico è quella persona che ti si presenta alla porta di casa quando ha la percezione che tu possa avere bisogno.

Sicuramente un amico ha comunque impegni personali da seguire, famiglie da accudire, lavori da eseguire, scadenze da rispettare, ma troverà sempre il modo di starti accanto quando ti vedrai cadere tutto il mondo addosso.

Gli amici non devono essere coccolati e comprati, ma solo rispettati e vissuti.

Gli amici vanno guadagnati attraverso qualcosa che va oltre la sfera materiale.

Antonio nella sua vita è stato sempre disponibile per gli altri, per i più giovani, per i più deboli.

Antonio ha sempre rispettato tutti con la sua semplicità e la sua trasparenza disarmante.

Detto questo, dovrebbero risultare più chiare le motivazioni che hanno mosso e creato quanto segue.

I suoi colleghi, da ogni parte di Italia e non solo, si sono prima organizzati per andare a trovarlo facendogli una sorpresa, per poi effettuare una marcia di oltre mille e trecento chilometri.

Tale “Marcia di AssoRanger per Antonio”, è partita il 25 aprile mattina dalla Val d’Aosta, Monte Cervino, e si è conclusa, attraversando la millenaria ed evocativa via Francigena, il 28 maggio a casa di Antonio a Sant’Elgidio del Monte Albino in provincia di Napoli.

La “Marcia di AssoRanger per Antonio” è nata con un duplice fine.

Donare ad Antonio la certezza che i suoi colleghi ed amici non lo hanno abbandonato, dimostrandogli che anche difronte a enormi fatiche e difficoltà, correranno sempre in suo aiuto mettendosi al suo fianco, ottemperando alla loro regola primaria che cita ” nessuno rimane indietro“.

Cercare di supportare Antonio anche nelle sue battaglie legali finalizzate al riconoscimento di ciò che la legge prescrive e che purtroppo le Istituzioni al momento inspiegabilmente gli negano, non lasciando spegnere la fiamma della curiosità mediatica che al momento illumina Antonio e che risulta essere la sua unica assicurazione di “vita”.

La marcia dei Ranger si è concretizza in una staffetta eseguita con modalità militare, ovvero ogni Team formato da un minimo di 3 persone, aveva 72 ore per percorrere la propria tappa coprendo una distanza di circa 120 Km, quindi consegnare il testimone al Team successivo.

La marcia ha avuto il termine con la consegna del testimone, passato di Team in Team, avvenuta il 28 maggio scorso a casa di Antonio e nelle mani dello stesso alla presenza dei famigliari, degli amici, dei colleghi dei concittadini e dei rappresentanti delle Istituzioni Comunali e Regionali come il Sindaco Nunzio Carpentieri e il Consigliere Regionale On. Alberico Gambino.

Antonio alla vista di tale mobilità e di tale affetto e vicinanza si è lasciato andare ad un rincuorante pianto liberatorio.

Antonio ha capito che i suoi amici e chi gli vuol bene non lo ha dimenticato e non lo tradirà.
Ma tale vicinanza e umanità dimostrata dai suoi colleghi e amici non ha sortito la finalità sperata, ovvero scuotere le coscienze di quelle Autorità che avrebbero dovuto redimere una situazione irregolare e illegale e dagli stessi omertosamente taciuta.

Le stesse Autorità che avrebbero potuto assicurare ad Antonio per gli ultimi giorni che gli rimangono quella serenità tanto sospirata e dovuta.

E’ altamente imbarazzante questa questione che investe ambienti militari ritenuti amici, visto che anche in guerra un condannato a morte è trattato con più dignità perfino dai suoi nemici.

Per terminare, ora Antonio seppur forte e caparbio non riesce più da solo a contenere tutte le problematiche qui solo accennate.

Antonio conosce a pieno la sua critica condizione sanitaria confermata dall’ultimo esame medico del 01-06-2017, nel quale vengono riscontrate tutta una serie di nuove metastasi al cervello, alle ossa e al midollo.

Antonio non si è mai piegato a nulla, tanto meno alla sua malattia che ha voluto sempre conoscere a pieno e senza veli.

Antonio sta morendo, questa è la verità che anche le Istituzioni conoscono ma che fingono di non sapere per non dovere dare una risposta o per non dover prendere una posizione ufficiale nei confronti di tutte le mancanze e le omissioni perpetrate dalle Stesse fino ad oggi.

Ora come non mai ha bisogno di un sostegno forte e capace di dare al suo ormai segnato spirito quella scossa, quella vitalità, quella serenità e quella fede necessaria a rendere sereni i suoi ultimi giorni.

Adesso Antonio ha bisogno di ogni sorta di aiuto, in maggior modo di quello spirituale poiché è l’unico che potrebbe dargli quella forza capace di fargli vivere questo dramma con dignitosa umanità.

Carissimo Papa Francesco questo in breve è quanto Antonio e i suoi cari sono costretti a vivere da oltre dodici anni, ed è per questo che sono nuovamente a richiedere un Suo umano interessamento.

Spero che Antonio possa ricevere presto un suo umano sostegno.

Con speranza e gratitudine,

Carlo Chiariglione

Amico, collega e portavoce di Antonio Attianese”.

 

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